Ferrara, 23 maggio 2020 - Ferrara e la Romagna come Washington nella battaglia contro il Covid-19. Perché lo studio che sta portando avanti l’Istituto tumori della Romagna (Irsrt), con l’Università di Bologna e il coinvolgimento di Ferrara (con l’infettivologo dell’ospedale di Cona Marco Libanore e l’epidemiologo dell’Igiene pubblica Stefano Ferretti, ndr) si basa sul trattamento dei contatti dei pazienti risultati positivi al virus con un vecchio farmaco antimalarico, l’idrossiclorochina. In pratica come succede in America e più precisamente al presidente Donald Trump. Il numero uno della Casa Bianca, da qualche giorno, è stato sottoposto al trattamento dopo che un membro del suo staff è risultato positivo al Coronavirus e sembra funzionare, visto che il presidente non si è ammalato.
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La regia dello studio è affidata al professore di malattie infettive di Unibo Pierluigi Viale, lo stesso medico che in fase apicale dell’emergenza ebbe l’intuizione di creare ventilatori meccanici per terapia intensiva a più vie per trattare più pazienti. Unibo avrà il compito di testare se c’è un’efficacia preventiva del farmaco che negli anni Settanta fu scoperto per curare i malati di malaria e realizzare un protocollo di cura di coloro che stanno a contatto con i malati, o impedire che chi contrae il virus non arrivi ai sintomi più gravi della malattia. La ricerca dunque sembra essere efficace sopratutto con chi potrebbe essere il classico caso Covid asintomatico. "Da anni collaboriamo con l’Istituto per i tumori della Romagna e lo studio è già partito da settimane e coinvolgeremo, su base volontaria, circa 2000 persone", spiega il numero uno di Ausl Claudio Vagnini che aggiunge: "Lo stiamo applicando anche fra gli ospiti di alcune case protette e stiamo vedendo risultati confortanti". Come funziona ‘Protect’ (il nome dello studio, ndr)?"Il virus entra nella cellula attraverso il meccanismo dell’autofagia e poi si replica da cellula a cellula – spiega il direttore scientifico dell’Istituto tumori della Romagna Giovanni Martinelli –. Somministrando il farmaco antimalarico, in pratica blocchiamo l’autofagia e dunque evitiamo l’entrata del virus nella cellula che a quel punto non riesce a replicarsi".
Con l’idrossiclorochina, chiarisce l’oncologo, si verifica poi un altro effetto positivo per la lotta del Covid 19: "Abbiamo scoperto che se una cellula è basica il virus non trova il suo ambiente adatto per replicarsi. Il farmaco per la malaria, allora, modifica il suo ph, la basifica e a quel punto per il virus l’ambiente cellulare è diventato ostile". ‘Protect’ inoltre evidenzia che in coloro che sono pazienti covid postivi nel momento in cui vengono trattati con il farmaco diventano negativi precocemente.
"Cinque giorni, contro anche i 35 che sono serviti ad alcuni pazienti per guarire completamente". Lo studio entro l’estate punta a realizzare il protocollo di cura e dunque potrebbe diventare il ‘tesoretto’ per tutti coloro che vivono con un familiare malato. La ricerca inoltre si avvale anche di un altro farmaco il Remdesivr, un antivirale che ha avuto un recente imprimatur dall’Istituto superiore di sanità per essere somministrato sui pazienti. A Ferrara la ricerca prevede che a "un gruppo di contatti di casi Covid venga somministrato il farmaco e ad un altro no ma senza che quest’ultimo se ne accorga: così verifichiamo la sua efficacia" conclude Vagnini.