SILVIA GIATTI
Cronaca

Coronavirus Ferrara, "eseguiti 1.500 tamponi"

Una giornata all’ospedale di Cona. "Zero contagi, il sistema funziona"

Ferrara, il pronto soccorso di Cona alle prese con l'emergenza coronavirus (Businesspress)

Ferrara, 28 febbraio 2020 - Dai loro occhi, rimasti fuori dalla mascherina, non traspare nessuna paura. Forse perché la sanno nascondere bene. O forse perché, quando scegli di fare il lavoro che ti piace, anche le situazioni più difficili non fanno alcuna paura. Ore 14 di un giorno di emergenza da Coronavirus. Ma al pronto soccorso di Cona l’influenza di Wuhan sembra non cambiare nulla. Neanche quando cinque operatori sanitari, durante il loro lavoro, forse, entrano in contatto con un ‘caso sospetto’. Persone che rientrano fra quei 115 casi che sono in sorveglianza speciale: a Ferrara il contagio non c’è. Non è cambiato nulla neanche per gli operatori del triage, il banco di accettazione che si trova quanto al Sant’Anna si entra dalla porta dell’emergenza. Loro sono i più esposti. Lo si capisce dal fatto che indossano una mascherina diversa dagli altri presenti, quelle con valvola a carboni attivi, adatta ai virus respiratori.

Leggi anche Come si cura - Le differenze con l'influenza - Come difendersi

"Qui non c’è la peste. Siamo solo di fronte a una influenza atipica" rassicura il direttore del pronto soccorso Andrea Strada. Lui la mascherina non ce l’ha ("Perché mai dovrei averla visto che non visito pazienti?"). E spiega: "Chi lo fa vuole cautelare gli altri, specie se ha un banale raffreddore". Allora pronti via, a vedere cosa succede se si presenta una persona che ha febbre e difficoltà respiratorie. «Al triage va capito se chi si ha di fronte è entrato o meno a stretto contatto con un familiare o un operatore sanitario che hanno avuto l’accertamento della malattia" spiega ancora Strada. E solo in quel caso finisce in una stanza di isolamento vicina all’accettazione. Al suo interno c’è già una macchina per le radiografie.

"Serve per l’accertamento clinico" precisa "ma poi dobbiamo fare quello epidemiologico". Cioè il paziente deve avere anche fatto un viaggio in Cina o deve essere entrato in contatto con le zone dei due focolai per diventare un ‘caso sospetto’. La stanza, al momento dell’intervista, è vuota "perché l’avamposto creato dal servizio di igiene pubblica gestito dal direttore Giuseppe Cosenza ha funzionato" chiarisce l’infettivologo e responsabile del reparto di malattie infettive Marco Libanore. E per Ferrara sembra essere stato proprio così visto che fino a ieri in provincia non si registra nessun paziente che sia risultato positivo all’influenza di Wuhan. Dai controlli in pronto soccorso al ricovero nel reparto di malattie infettive passano un ascensore e una manciata di corridoi. Ma nel reparto "arriva solo chi presenta sintomi influenzali importanti perché quelli che li hanno in forma lieve vanno a casa" sottolinea il numero uno dell’emergenza. In Malattie infettive la situazione sembra surreale. Diversamente dagli altri reparti qui non c’è rumore. Ci accoglie lo stesso Libanore che mostra in volto tutta la fatica di questi giorni di emergenza. Ha appena lasciato il suo computer dove arrivano i referti di tutti i tamponi che sono stati fatti anche a Ferrara. "Sono 1.500 fra la nostra città e Bologna – afferma – Se ne fai tanti ne vengono fuori di più ma solo 1 su 100 è grave".

Entrambi raccontano del caso di mercoledì pomeriggio, quando in pronto soccorso è arrivato un cinese con la febbre alta. "Non parlava neanche italiano" raccontano, facendo trapelare il timore avuto, "ma poi era solo appendicite". Due direttori e sei medici nel reparto di malattie infettive stanno lavorando senza tregua dall’inizio dell’allarme. All’emergenza, invece, ci sono sono abituati quelli del pronto soccorso: tre medici per turno, che diventano quattro nel pomeriggio, e gli infermieri. Dopo due ore si ritorna al via. Non è il Monopoli ma la sanità ferrarese. E per il Covid -19 sembra funzionare.

Coronavirus, i 10 comportamenti da seguire