Sono accusati per un delitto che però, secondo una sentenza passata in giudicato, non si è mai verificato. Tutto sommato era prevedibile che davanti alla corte d’assise tutte le parti, procura compresa, ne chiedessero l’assoluzione "perché il fatto non sussiste". Ma le argomentazioni per arrivarci, sono state opposte. Convitato di pietra, la 50enne ex infermiera Daniela Poggiali. Perché per lei a gennaio era passata in giudicato l’assoluzione pronunciata al terzo appello per la morte di una sua paziente, la 78enne Rosa Calderoni di Russi, uccisa - è quanto sosteneva l’accusa - l’8 aprile 2014 poco dopo il suo ricovero all’ospedale ’Umberto I’ di Lugo. Si tratta del caso che aveva dato la stura a tutte le verifiche sulla ex infermiera.
L’allora primario, il 74enne Giuseppe Re, di origine palermitana ma residente a Bologna, e l’allora caposala, la 68enne Cinzia Castellani, originaria di Copparo ma residente a Fusignano, in seconda battuta erano finiti a processo per omicidio con dolo eventuale. Proprio così: perché per la procura ravennate, pur a fronte dei tanti campanelli d’allarme, i due non avevano a suo tempo adottato tutti quegli accorgimenti necessari a impedire all’allora infermiera Poggiali di uccidere la paziente con una iniezione di potassio: solo che a questo punto quella della 78enne è stata ritenuta in via definitiva una morte naturale. Nessun omicidio dunque.
"Cercherò di parlare il meno possibile di Poggiali – ha esordito ieri mattina a Ravenna il pm Angela Scorza a pochi metri da Re, unico imputato in aula – perché non è un processo contro di lei. Ma le figure dei tre sono intrecciate: quindi è inevitabile parlarne". Di fatto erano state le verifiche sulla Poggiali a fare emergere "la gestione del reparto: da mesi soprattutto le operatrici socio-sanitarie segnalavano decessi strani". E’ a questo punto che erano affiorate quelle che il pm ha definito "reiterate omissioni dei due imputati" nell’ambito di una "estrema incuria in reparto". In particolare sulla gestione del potassio "ci si aspettavano procedure di tracciabilità: non è stato fatto". In generale "gli interventi non solo non c’erano stati: ma erano andati in direzione contraria".
Una testimone "ha detto che Poggiali somministrava lassativi per poi obbligare chi entrava in turno a pulire: il primario si limitava a commentare con nonchalance che si trattava solo di voci". Tuttavia, dato che "l’omicidio non sussiste, come chiedere a due persone di rispondere di un evento che non c’è stato? Si tratta di un caso unico nella storia giudiziaria italiana – ha insistito il pm –: mai era accaduto che due volte un’assoluzione venisse annullata dalla Cassazione". Alla richiesta di assoluzione si sono associati gli avvocati Roberta Sama per Ausl Romagna, Maria Grazia Russo e Marco Martines per i due figli della defunta. Quest’ultimo ha proposto di derubricare il fatto in omicidio colposo e dichiarare di conseguenza il non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
L’intervento più deciso è stato quello dell’avvocato Tomaso Guerrini (difensore di Re) il quale ha esordito precisando: "Sul disonore vorrei discutere. Questo processo è una delle più grandi vergogne", ha poi scandito procurandosi in un paio di occasioni il richiamo del presidente della corte Cecilia Calandra a moderare i termini. Da ultimo l’avvocato Paola Brighi, per Castellani, ha ricordato come già dalle indagini difensive emergesse che la sua assistita aveva "riferito sempre" tutto "al dottor Taglioni, l’apicale infermieristico": ma questi "ha fatto zero e l’ha lasciata sola".
Andrea Colombari