
Il ricorso è stato promosso da Asgi, sindacati, Altro Diritto e sindacati degli inquilini
di Stefano Lolli
Dopo il primo atterramento sulla vicenda dei buoni spesa, sulle case popolari è arrivato ieri il secondo ’knock down’ in Tribunale per il Comune. Condannato dal giudice Maria Marta Cristoni a riformulare il regolamento sugli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e ad annullare o modificare gli atti ritenuti "irragionevoli e discriminatori". In aggiunta, tanto per aggiungere danno a danno, l’amministrazione dovrà pagare oltre 10mila euro di spese legali.
Ma entriamo nelle pieghe della vicenda. A fine marzo due cittadine straniere, che avevano presentato domanda di assegnazione di un alloggio Erp, si erano viste collocare (a causa della loro modesta anzianità di residenza a Ferrara) in una posizione molto bassa in graduatoria, pur trovandosi in uno stato di estremo bisogno. Di qui il ricorso promosso da Asgi (l’associazione studi giuridici sull’immigrazione), con il patrocinio di Cgil, Cisl e Uil e delle associazioni degli inquilini Sunia, Sicet e Uniat, oltre all’associazione l’Altro Diritto. Nel mirino, il bando per l’accesso alle case popolari indetto dal Comune nel 2020. A distanza di quasi quattro mesi, e dopo due udienze, il Tribunale ha dichiarato discriminatorio il Regolamento del Comune sia rispetto all’impossidenza, per la richiesta a soli cittadini extracomunitari di una documentazione aggiuntiva e gravosa (mentre per i comunitari basta una semplice autocertificazione), sia rispetto al punteggio dedicato alla residenzialità storica, preponderante rispetto ai requisiti indicativi di uno stato di bisogno abitativo. Secondo il Tribunale, tale criterio contravviene ai principi fissati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 92021 che ha evidenziato il carattere discriminatorio della legge regionale dell’Abruzzo che aveva fissato principi del tutto analoghi a quelli contenuti nella delibera e nel bando di Ferrara. Tali previsioni vengono pertanto dichiarate "irragionevoli e discriminatorie" e il Comune viene condannato a cessare la condotta discriminatoria, annullando o modificando gli atti.
"Ancora una volta si è dovuto ricorrere alle vie legali per affermare quanto era evidente e denunciavamo da un anno e mezzo – affermano i promotori del ricorso –. E ancora una volta l’irresponsabilità del Comune, che non è tornato sui suoi passi neanche di fronte a diffide formali, sarà pagata dai cittadini". Non manca l’affondo politico: "E’ inaccettabile che l’assessorato alle politiche sociali produca per la seconda volta in due anni atti discriminatori, mentre la povertà aumenta e si è di fronte a una drammatica emergenza casa: il venir meno del blocco degli sfratti avrà conseguenze drammatiche per centinaia di cittadini anche nella nostra provincia, le domande per il fondo affitti sono esplose e le risorse a disposizione sono insufficienti. Ma anziché adoperarsi costituendo tavoli di gestione dell’emergenza, anziché ragionare su come investire ogni risorsa disponibile nel sostegno all’affitto e nell’aumentare il numero di alloggi disponibili (centinaia quelli vuoti perché necessitano di manutenzioni), a Ferrara ci si concentra su misure discriminatorie, perdendo tempo e risorse. La demagogia ha un prezzo alto, e lo pagano i cittadini".