FEDERICO MALAVASI
Cronaca

Campagne in ginocchio: "Asciugare in fretta i campi. A rischio la nuova semina"

I timori di Coldiretti, Cia e Confagricoltura per la permanenza dell’allagamento "Se restano a lungo sommersi sarà una catastrofe. C’è chi pensa di andarsene".

Campagne in ginocchio: "Asciugare in fretta i campi. A rischio la nuova semina"

L’agriturismo Bassara di via Cardinala inondato dalla furia dell’Idice dopo la rottura dell’argine di domenica

L’alluvione proietta ombre fosche sul futuro dell’agricoltura argentana. Non solo per l’immediato, con le ovvie e pesanti conseguenze sulle colture ancora da raccogliere. Ma anche per l’attività dei prossimi mesi. L’acqua che ristagna in quel migliaio di ettari di campi, infatti, mette a rischio non solo la semina autunnale (che alcuni danno già per persa), ma addirittura quella primaverile. L’attenzione delle associazioni di categoria è altissima e, al netto della conta dei danni ancora prematura, la principale preoccupazione riguarda proprio il da farsi in vista dei prossimi mesi. "Chi aveva il prodotto in campo si è dovuto fermare – spiega Riccardo Casotti, vicedirettore di Coldiretti –. Rimanevano ancora l’ultimo mais e parecchi ettari di soia. Il permanere dell’acqua crea gravi problemi alla coltura. Al contempo, per la stessa ragione, si ritarda la preparazione dei terreni per la semina del grano. E non si sa di quanto". Il principale associato Coldiretti nella zona è l’Agrilocanda Val Campotto, sommersa delle acque dell’Idice uscite dalla rotta sulla Cardinala. "I danni sono incalcolabili – prosegue Casotti –. Bisognerà togliere l’acqua e valutare le conseguenze, anche strutturali, su edificio e materiali".

Secondo il presidente di Cia Stefano Calderoni la durata di permanenza dell’acqua nelle campagne sarà la variabile che farà la differenza tra pesanti danni e il "disastro completo". La presenza per lungo tempo dei ristagni, prosegue il numero uno dell’associazione, "rischia di compromettere la coltura del prossimo anno". E non basterà asciugare i terreni perché, dopo essere rimasti sommersi per giorni, "andranno ripristinati". Insomma, rimarca Calderoni, "la preoccupazione è tanta. Una volta chiusa la falla metteremo a disposizione impianti mobili per svuotare i campi. È una corsa contro il tempo, più resta l’acqua e più ci trasciniamo dietro rischi per il futuro di agricoltori che hanno già pagato un prezzo altissimo. Oltre al danno, ci sarebbe la beffa del non poter coltivare". Una volta liberati i campi dall’immensa quantità di acqua fuoriuscita, conclude il presidente di Cia, "andranno poi effettuate lavorazioni profonde, con costi significativi che si aggiungono a quelli già patiti. Sarà necessario valutare le conseguenze dell’evento e risarcire gli imprenditori anche per i danni indotti e per il ripristino del terreno".

Il direttore di Confagricoltura Paolo Cavalcoli delinea per l’Argentano una situazione "più grave rispetto all’anno scorso. L’Idice – spiega – ha cambiato il suo percorso e si riversa sulle campagne, raggiungendo in certi punti anche i tre metri". In soldoni, secondo il responsabile dell’associazione di agricoltori, questo significa che "i campi non potranno essere adibiti alle semine autunnali". Insomma, rischiano di ‘saltare’ orzo e grano. Ma non è tutto. Seri problemi ci saranno "anche per quelle primaverili. Tutto dipende da quanto tempo ci vorrà per asciugare i campi". Decisivo, secondo Cavalcoli, sarà l’inverno e l’evolversi della situazione meteo.

C’è poi un’altro problema legato alla natura di quel terreno e cioè il suo utilizzo come cassa d’espansione del torrente. "Quando c’è piena – prosegue il direttore di Confagricoltura – si sacrifica quel bacino, senza che il sistema sia stato istituzionalizzato. È una via di fuga per l’acqua, ma non viene riconosciuta alcuna indennità alle aziende. E un discorso è se un’alluvione si verifica una volta ogni 25 anni. Diversa la situazione attuale, in cui accade ormai continuamente". E c’è già chi sta valutando di mollare. "Alcuni pensano di abbandonare quei campi – così Cavalcoli –, ma non è facile perché sono terreni ormai svalutati. C’è chi ha perso le produzioni del 2023, chi doveva raccogliere la soia e non lo farà più. I nostri associati sono avviliti: alcuni stanno addirittura pensando di non coltivare affatto".