Dalle Otto montagne al parco Urbano. Il Premio Strega 2017 Paolo Cognetti, dopo il concerto di Bruce Springsteen, è stato, forse l’unico, che ha scritto un pezzo evitando le critiche all’evento. Un affresco emozionante, consegnato alle colonne di rollingstone.it.
Come ha vissuto il grande evento ferrarese?
"Direi nel migliore dei modi. E’ stato un bellissimo concerto, sebbene abbia percepito un clima diverso da quello che di solito caratterizza questi eventi".
Cosa intende dire?
"Più che una festa, mi è sembrato un grande raccoglimento. Una cerimonia. Tutti sapevamo cosa stava succedendo a pochi chilometri di distanza. Per cui ho percepito grande commozione tra il pubblico".
E pensare che gran parte delle polemiche che si sono scatenate dopo l’evento sono state rivolte al ‘silenzio’ di Bruce Springsteen rispetto all’alluvione in Romagna.
"Mi sono sembrate e mi sembrano tutt’ora polemiche pretestuose. Un artista si esprime al meglio attraverso la sua arte e in questo caso attraverso la musica, in grado di creare quel clima di commozione di cui accennavo. Bruce è molto più incisivo nei testi delle sue canzoni. E a mio modo di vedere ha fatto bene a non profondersi in discorsi spesso colmi di retorica e privi di significato".
Eppure dalle televisioni ai giornali, gli attacchi anche personali al Boss si sono sprecati.
"Penso che questo sia figlio di una ‘postura’ che oggi sempre di più caratterizza in modo negativo il dibattito pubblico, su qualsiasi argomento al di là del concerto di Springsteen. Per alcuni, entrare in una discussione con piglio polemico rappresenta l’unico modo per esprimersi. Per esistere, in fin dei conti. Poi, posso aggiungere un aspetto?".
Prego.
"Mi pare che nessuno di coloro che ha mosso critiche alla scelta di Bruce Springsteen, per lo meno attraverso i media, fosse con le ginocchia nel fango ad aiutare le popolazioni alluvionate. Peraltro diffido sempre da chi vuole spiegare agli altri come ci si deve comportare".
Forse, però, sarebbe davvero bastata anche solo una parola di incoraggiamento...
"Ribadisco che è molto più importante ascoltare e capire la musica di Springsteen piuttosto che sentir pronunciare parole di circostanza. La musica del Boss parla di emarginati, dei conflitti tra l’uomo e il mondo. E dà speranza. Anche la scelta della scaletta non è stata casuale".
Si riferisce alla prima canzone ‘No surrender’?
"Secondo lei in un evento di questa portata ci può essere qualcosa di casuale? Io non penso. ‘No Surrender’, nessuna resa. Tutti, in quel momento, in qualche modo ci siamo sentiti vicini e solidali alle persone alluvionate. Per me, quella canzone ha rappresentato un segnale".
Se tante sono state le polemiche sul post-evento, altrettante sono state quelle sul pre-evento e in particolare sulla location. Che ne pensa del Parco Urbano come luogo nel quale organizzare concerti?
"Di base penso che gli eventi, in particolare di questa portata, vadano fatti negli stadi o comunque in luoghi nei quali l’impatto ambientale è ridotto. Tuttavia il pubblico mi è sembrato disciplinato e rispettoso del luogo".
Dell’organizzazione che ne pensa?
"Prima di arrivare in città da Milano, confesso, ero un po’ preoccupato. Mi sono dovuto ricredere: l’organizzazione è stata perfetta. Dai parcheggi al traffico, passando per la sicurezza. Le persone si sono mosse per la città in maniera ordinata e, per quello che ho potuto constatare, non mi pare di aver visto gli hooligans girare per la città".
Ferrara dunque è pronta a ospitare i grandi eventi?
"Se il metro è quello della gestione del concerto del Boss, è andato tutto molto bene. La prima prova senz’altro è stata superata. Direi di sì, dunque".
E, allora, a maggior ragione, che idea si è fatto sulla natura delle polemiche?
"Probabilmente alla base serpeggiava una matrice ideologica. Il mio amico Vasco Brondi mi racconta qualche cosa della politica ferrarese, benché io non la conosca così a fondo. Tuttavia, mi pare che attaccare Bruce sia stato in qualche modo un pretesto per attaccare l’amministrazione. Fa tutto parte, del resto, del modo di fare politica ai giorni nostri: invece di discutere di contenuti, si attacca l’avversario senza esclusione di colpi".