Ferrara, 12 settembre 2022 - "Ricongiungimento familiare" una frase, due parole che evocano calore, famiglia. Ma anche, prima di averle scritte, dolore e sconcerto. Il ricongiungimento familiare è quello disposto dal Tribunale dei minori di Bologna nei confronti della piccola Margherita (nome di fantasia) e dei suoi genitori. Margherita ha poco più di tre anni, due dei quali vissuti lontana dal suo focolare domestico, dai genitori a lungo, dai nonni per disposizione dei servizi sociali. Una storia devastante su cui è stato scritto il lieto fine solo grazie alla tenacia di Sara, la sua mamma, che appena le hanno detto che poteva entrare in comunità con la piccola "perché doveva essere valutata la sua capacità genitoriale" non ci ha pensato un attimo e ha seguito la sua cucciola.
Ha lasciato la sua casa in provincia di Ferrara, dove vive il marito e padre di Margherita e si è messa sotto controllo 24 ore su 24. E anche grazie al suo legale, l’avvocato Patrizia Micai, che ha combattuto per strappare quel decreto del giudice che dispone il ricongiungimento familiare dopo due anni di angoscia. Alcune pastoie burocratiche da svolgere e finalmente madre e figlia potranno tornare nella loro casa. Lì dove la famiglia si ricongiungerà per scrivere una seconda vita.
La storia. Riavvolgendo il nastro, è l’11 agosto del 2020 quando a Sara viene portata via la figlioletta di poco più di un anno, mentre entrambe si trovavano in ospedale a Cona e mentre lei la sta allattando. La bimba viene strappata ai genitori perché entrambi sono indagati per maltrattamenti sulla piccola: un’accusa pesantissima nata dalla segnalazione di un medico veneto, dove la famiglia viveva prima di trasferirsi in provincia di Ferrara, per alcune lesioni riscontrate nel corpo di Margherita. Viene poi stabilito che si tratterebbe di lesioni originatesi dopo una caduta, come spesso accade nei bambini piccoli. Accuse archiviate, i genitori non hanno picchiato la loro figlioletta, ma ancora la famiglia non può riunirsi.
C’è la necessità di valutare, dicono i servizi sociali, la loro capacità genitoriale. Bene. Fatelo nella nostra casa, controllateci, si mettono a disposizione il padre e la madre. No. Non basta la bimba deve entrare in una comunità protetta, dove peraltro vive una delle famiglie affidatarie di Margherita. Accade a gennaio scorso, otto lunghi mesi in cui madre e figlia vivono insieme sotto i riflettori, e lontane dal padre della piccola e dagli altri affetti. In una sorta di comune. Senza che la situazione accenni a sbloccarsi. Un mese fa circa l’appello della madre, esasperata. "Non voglio che mia figlia continui a vivere come una carcerata. Vogliamo tornare a casa nostra", e l’idea di appellarsi al presidente della Repubblica. Poi la giustizia che resta lumaca, pare aver messo la parola fine al tormento. Il pare resta d’obbligo, così come, forse, le scuse a qualcuno.