Ferrara, 14 giugno 2020 - Il curatore scientifico del progetto che ha portato alla realizzazione della scultura dell’artista francese Élisabeth Daynès, - che ha realizzato in 3D l’immagine del bambino di Isernia risalente a 600 mila anni fa - è Carlo Peretto, 72 anni, rodigino, professore onorario di antropologia all’università di Ferrara e direttore degli scavi archeologici La Pineta che si trovano ad Isernia, in Molise. Un progetto che ha visto la collaborazione dell’università di Ferrara e il polo museale e la Soprintendenza del Molise. Com’è iniziato questo lavoro? "Dal dente di un bambino sui 4-5 anni. Non è un dente perso, è un dente da latte ma si è staccato per un trauma, in parte c’è ancora la radice. Era conservato nei livelli archeologici dove abbiamo trovato gli strumenti che questi uomini facevano, in selce o in calcare, alla profondità di circa 6 metri". Cosa c’è esattamente ad Isernia? "Tutto l’accampamento che avevano ricchissimo di resti di animali, bisonti, rinoceronti, elefanti, ippopotami, cervi. E li stiamo ricostruendo tutti. Loro cacciavano questi animali, portavano all’accampamento pezzi di carcasse e vivevano in una situazione ottimale contrariamente a quello che generalmente si pensa. I nostri antenati non vivevano in situazioni tragiche come si racconta". Dunque se la passavano bene? "Stavano benino. Vivevano tranquillamente, infatti se siamo qui a raccontarne la storia è perché i nostri antenati sono stati di successo. Se non lo fossero stati tutto si sarebbe chiuso ben prima del nostro arrivo". Come dal dente alla riproduzione? "Il dentino è stato ricostruito in 3 dimensioni e presentato ma non esistono crani di bambini di quell’epoca, 600 mila anni fa. Si parte dai crani di bambino dell’uomo moderno, dell’uomo di Neanderthal, dell’uomo erectus, di altre specie più antiche e con un’interpolazione tra queste morfologie si riesce a capire come doveva essere il cranio di un bambino di 600 mila anni fa. Crani più vecchi ce ne sono. Di quella fase non ce ne sono invece, ce ne sono di precedenti e di successivi". Com’è stato realizzato il cranio? "È stato visualizzato e stampato in tre dimensioni con le stampanti e utilizzato nei laboratori francesi per la ricostruzione della faccia e delle sue proporzioni. Guardando l’immagine sappiamo che la pelle era più scura di quella di oggi. L’uomo moderno, anche i nostri antenati, erano di pelle scura". Come mai oggi siamo così chiari? "Arrivando nelle zone con poca insolazione c’era la necessità di assorbire quel poco che si prende di raggi ultravioletti per produrre la vitamina D. Quelli che hanno la pelle scura e vivono da noi dove c’è meno sole producono poca vitamina D quindi potrebbero avere problemi di rachitismo. Man mano che si sale dall’Africa arrivando a zone più a nord è avvenuto questo processo". Gli spostamenti a cosa sono dovuti? "Una delle nostre caratteristiche attuali come nella preistoria abbiamo sempre avuto la capacità di andare dappertutto, la nostra nicchia ecologica è la cultura. Noi portiamo con noi le nostre conoscenze che ci permettono di adattarci a qualsiasi ambiente. Sia freddo o caldo".
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