di Cristina Rufini
Un silenzio lunghissimo, più di un minuto, per rispondere alla domanda posta dall’avvocato Fabio Anselmo (che assiste i fratelli della vittima) "Si è pentita?". Di fronte a lui, seduta al banco degli imputati, Sara Corcione, 39 anni, dopo l’interminabile pausa ha prima replicato "Sì" e poi si è corretta, in "Non sono sicura di essere pentita". Ha risposto a tutte le domande, ricostruendo davanti alla Corte di Assise, ogni minimo particolare del suo piano per uccidere la madre, Sonia Diolaiti, il 27 luglio del 2022, nel condominio di via Ortigara. Mai negando il desiderio di volere morta quella madre che la considerava "un incidente, una cosa che non doveva accadere". "Sapevo che mi considerava così – ha raccontato Corcione – ma una volta, a mia domanda, me lo disse proprio. Che si era sposata appena due anni dopo aver conosciuto mio padre, perché incinta di me. Il rapporto con lei è sempre stato orribile". A inizio esame, l’imputata ha parlato della madre al presente: "I rapporti con mia madre sono orribili". E, da quanto emerso, Corcione non era in grado di opporsi alle disposizioni della vittima. "Dopo la morte di mio padre – ha sottolineato – io ero persa, non avevo voglia di nulla, lei ha cercato di avvicinarsi a me, mentre prima non mi considerava. Quando ero bambina non voleva neanche che mi regalassero giochi, perché sporcavano. E in casa faceva tutto mia nonna. Ma da quel riavvicinamento, ho capito, che non era cambiata, lei disponeva e io dovevo eseguire: non le interessava niente della mia vita". Poi il lungo racconto della gestione familiare dopo la morte del padre, Stefano Corcione. "Lei gestiva tutti i soldi – ha aggiunto l’imputata – mi dava sessanta euro al mese per i viveri, ma non riuscivo a mettere insieme il pranzo con la cena. Allora un amico di mio padre mi disse che potevo attivare un bancomat, perché i soldi erano anche miei. Ma ognivolta che facevo una spesa, lei mi riprendeva. E io non sapevo oppormi". La subiva, quella madre affettiva. Fino al soffocamento e all’isolamento dalla realtà. Ed è in questo scenario, secondo quanto raccontato da Corcione, che è maturata l’idea di ucciderla.
Il delitto. "Su internet ho letto che il nitrito di sodio era stato utilizzato di frequente per i suicidi – ha spiegato Corcione – soprattutto nel periodo della pandemia. E poi lessi anche della vicenda di Casalecchio, del figlio che lo aveva utilizzato per uccidere i genitori. Così ho deciso che era l’unica possibilità per me. Non sarei stata in grado di farlo in altri modi. Non sapevo affrontarla". Così quando la madre restò fuori casa per una vacanza, "entrai nel suo appartamento, presi le tazze con il tè freddo che teneva in frigo e le portai su un terrazzo, all’aria aperta, per metterci il nitrito, 2/3 cucchiaini. Poi le ho rimesse in frigo, e sono tornata nel mio appartamento. Ad aspettare". Non poteva sapere quando la madre avrebbe bevuto la pozione letale. "Rientrata dalla vacanza, il 27 luglio – ha proseguito – mi ha telefonato a mezzanotte, cosa insolita per lei. Mi ha chiesto aiuto, perché si sentiva male, la voce rauca. Ho pensato che avesse già bevuto il tè. Le ho detto che sarei scesa, mi ero pure vestita, ma poi non l’ho fatto. Non mi ha più chiamata, mi sono messa a letto e ho dormito come mai mi era accaduto in passato. Volevo anche costituirmi, ma poi non l’ho fatto". Due giorni dopo, il ritrovamento del cadavere.