Un grande secchio, l’acqua del mare che entra un po’ mentre lo inclinano verso le onde. Braccio di mare, tra il lido di Spina e le Vene di Bellocchio. E’ il momento ideale per la migrazione, davanti a loro c’è quella meta che sembra così lontana. E’ il Mar dei Sargassi. Mattia Lanzoni, ricercatore Unife insieme ad alcuni colleghi, entra con gli stivali nell’acqua. Tornano libere mille anguille, hanno un trasmettitore con un sonar. Sono loro l’unica possibilità per dare risposte, per far vivere una specie che sta scomparendo. "In dieci anni – spiega Lanzoni – della popolazione originaria è rimasto solo il 5%, si chiama rischio critico di scomparsa". Eppure sulle loro spalle poggia un’economia, quella di Comacchio e Goro. Il progetto europero si chiama Lifeel, collabora l’università di Ferrara. A tirare le redini Giuseppe Castaldelli, professore Unife.
"Adesso possiamo svelare dove le abbiamo liberate – riprende Lanzoni –. Quando le fai entrare in acqua per cinque ore attraversano un periodo molto delicato, devono riuscire ad orientarsi. Dovevamo evitare il rischio che venissero magari catturate da qualcuno, perché in quel momento si portano in genere verso riva". Sono stati selezionati i migliori esemplari di anguille femmine, misurati, taggati con un numero di riconoscimento e dotati di un trasmettitore che permetterà di studiarne gli spostamenti nel viaggio per raggiungere il Mar dei Sargassi per la riproduzione. In azione in questa impresa per arrivare a salvare la specie c’è il gruppo del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della prevenzione dell’Università di Ferrara, coordinato dal professore Mattia Lanzoni. "Si raccomanda – le sue parole – a chi entrasse in possesso di un esemplare dotato di trasmettitore, di evitarne la consumazione, di rilasciarli se possibile e di farne segnalazione sul sito del progetto https://lifeel.eu/ o mandando una mail a info@parcodeltapo.org". E’ rosso cupo l’orizzonte che ha davanti l’anguilla e con lei anche tutta la filiera economica che dalla pesca arriva ai ristoranti e alla sagre (Comacchio le ha dedicato un evento). "L’anguilla – precisa ancora il ricercatore – è una specie in ‘pericolo critico di estinzione’, inserita nella lista rossa della Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Molteplici sono le cause che hanno portato questa specie in una situazione di pericolo. Tra queste l’uomo ne è il sicuramente il principale attore". Ma non c’è solo l’uomo. "Gli effetti dei cambiamenti climatici stanno indebolendo la forza della corrente del Golfo, necessaria per la migrazione delle anguille, l’uomo è responsabile, infatti, dell’inquinamento degli ambienti marini, costieri e fluviali, della costruzione di barriere sui corsi d’acqua". Un esempio sono le centrali idroelettriche e le dighe che costituiscono ostacoli alla migrazione dell’anguilla, dello sversamento di inquinanti organici e metalli pesanti che riducono la qualità dell’acqua necessaria per la sua sopravvivenza. Ma la principale causa che sta mettendo a rischio di estinzione l’anguilla è la pesca, commerciale e ricreativa. Le catture riguardano esemplari nei tre stadi principali del loro ciclo vitale: lo stadio di cieca, di gialla e quello adulto di argentina.
"Dato che l’anguilla non si riproduce in cattività, le giovani anguille cieche pescate finiscono negli allevamenti – riprende Lanzoni – dove vengono ingrassate prima di essere introdotte sul mercato". Si tratta del cosiddetto ’business delle anguille di vetro’, le giovani cieche dette così per via delle loro carni trasparenti. "In Europa ci sono circa 6.000 allevamenti. In Asia, tra Cina, Thailandia e Giappone, ce ne sono 250.000. Secondo le stime della Fao, dal continente europeo, per sostenere l’allevamento asiatico, vengono pescati all’anno due miliardi di giovani di anguille. Con un valore commerciale che si attesta tra i sei e i novemila euro al chilo. A questo si aggiunge poi il prelievo illegale" dice il professore dell’Università di Ferrara. Nel territorio dell’Unione Europea, dal 2009 il prelievo delle ceche è regolamentato, ed è bandita la commercializzazione a paesi terzi. "Grazie al progetto Lifeel si cerca di intervenire per la salvaguardia di questa specie così significativa per il nostro territorio e la sua cultura". A Comacchio un simbolo.