Ad ascoltare questa parabola nasce un sentimento di ribellione: sarà proprio vero che “a chi ha, sarà dato”? E’ davvero così che va il mondo? E ci mancava solo che il vangelo lo confermasse. I ricchi sembrano diventare sempre più ricchi e addirittura Gesù non ha compassione del terzo servitore, anzi… Noi veniamo al mondo e prima o poi, un giorno, ci accorgiamo che ci sono persone che se la passano meglio di noi. E il destino è ingiusto; fin dai blocchi di partenza sembra favorire qualcuno a scapito di altri. Uno dei nostri bisogni è quello di essere accettati. Facciamo di tutto per questo scopo e non c’è niente di peggio che pensare che non ce l’abbiamo fatta. Ci sarebbe un’unica via per venire fuori da questa rivalità spietata e sarebbe quello di alzare gli occhi a Dio. Fintanto che restiamo a chiederci “sono migliore o peggiore dell’altro?” troveremo sempre qualcuno che è inferiore per disprezzarlo, e uno che è migliore per disprezzare noi. Ma se riuscissimo a pensare che, in ultima analisi, nella nostra vita non importa affatto come riusciamo a cavarcela rispetto all’altro e che l’unico problema sostanziale è che cosa ci ha dato Dio, allora saremmo in pace. Perché Dio non chiederà perché non siamo stati come Mosè o qualche altro santo, ma molto terra a terra, come mai certe volte abbiamo tralasciato di essere noi stessi. In questa parabola Gesù pensa che non ci siano alternative: o noi consideriamo la vita come un dono, e allora va bene come siamo. Oppure la vediamo come un confronto con gli altri, e allora diventa uno stimolo alla competizione più spietata. Sembra che tutti gli altri siano muniti di stivaloni e se ne vadano in giro calpestando i piccoli. E questi allora cosa potranno fare se non rintanarsi nel terreno? Come fare a salvare, a proteggere quanto ci è stato consegnato? Il pensiero è rivolto solo a metterlo al sicuro. Fino al punto da diventare prigionieri della paura di non farcela. Il bilancio della paura non può che essere altra paura. Un sentimento così si può capire, ma Gesù ci propone un itinerario diverso per liberarsi da queste paure. Insiste dicendo che questo pensiero, se è l’unico, non porta a niente. Ci dice che se stiamo a guardare quello che hanno gli altri, ci sono decine di motivi per scoraggiarsi, ma a nessuno verrà chiesto di portare a temine progetti diversi da quello che siamo noi. L’idea di Gesù è quella che nessuna vita è senza senso e che non si aspetta successo e performance. La vita vale sempre, l’importante, per Gesù, è mettersi in gioco, non per vincere ma per evitare di affossarci da soli, per evitare di essere infelici.
Valeria Poletti