
Sergio Chendi al volante dell’autobus numero 6 che va a Cona, a destra, il collega Daniele Cavallini. Al centro Luca Novelli: è stato aggredito due volte, nel 2004 e nel 2008
Ferrara, 11 dicembre 2024 – “Noi abbiamo paura”, Sergio Chendi stringe il volante del bus. E’ fermo davanti alla stazione, la gente sale. “Va a Cona?”, chiede un’anziana, la sciarpa fino al mento. “Certo”, annuisce Chendi, dieci anni in cabina, gli occhi allo specchietto retrovisore, la divisa di Tper. Guida il 6, che dalla stazione di Ferrara arriva all’ospedale di Cona. E’ una delle linee ’calde’ nella ragnatela che le tratte di Tper disegnano sulla città.
“Soprattutto la sera nelle linee extraurbane, come quella che va ad Ariano, siamo solo noi. Gli anziani, le famiglie dopo le 19,30 non salgono più sull’autobus”, racconta dal suo diario di bordo. Una sorta di coprifuoco. L’autista resta in balia di ragazzi che hanno alzato il gomito, minorenni senza biglietto, vandali per noia tra le poltroncine e le pubblicità di paesi lontani. “Le telecamere? Eccole lì”, e indica l’occhio elettronico. Che non fa alcuna paura agli sbandati dei bus.
E’ quella di Chendi solo una delle testimonianze. L’altro giorno la manifestazione con i cartelli delle linee ferroviarie ‘incriminate’, sul volto dei capotreno un cerotto, il segno di una persona rimasta ferita. Come loro, che ogni giorno vanno a lavorare, stretti nella divisa, sulle spalle magari uno zainetto con un panino e una scorta di timori. L’appello li unisce: “Servono pene più severe. Ti aggrediscono, ti sputano in faccia, fumano, mandano in frantumi poltroncine e sostegni”. Arrivano i carabinieri, li portano via. Poi eccoli, dopo alcune ore di nuovo alla fermata. Una sfida, un duello oltre il parabrezza. “Sanno di essere impuniti”. Ha 27 anni di frenate nel traffico Daniele Cavallini. “La clientela, gli utenti sono cambiati. Una volta ti rispettavano, adesso se intervieni rischi grosso, devi riuscire a capire chi c’è nel corridoio, le liti sono frequenti, c’è un imbarbarimento della società e il bus raccoglie con i passeggeri i volti di questo imbarbarimento”.
Luca Novelli guida gli autobus dal 1990, sono trascorsi più di 30 anni. Nel frattempo, un mondo è cambiato attorno a lui. Si è passati da un reverenziale “Scusa capo, un’informazione” alle offese, lanciate a grappoli nei fumi di una bottiglia bevuta a bordo. “La situazione è andata peggiorando, adesso ti aggrediscono senza pensarci due volte”, dice amareggiato. Come i colleghi che lavorano sui binari, come infermieri e medici nella trincea del pronto soccorso. “Io sono stato aggredito due volte, nel 2004 e nel 2008”, ricorda scuotendo la testa quei due episodi. “Per difendermi – aggiunge altri dettagli – mi sono anche rotto le dita di una mano. Sì, mi sono dovuto difendere. Certo qui a Ferrara non c’è la situazione che magari vivono altre città come Bologna, Padova. Ma le aggressioni verbali ed anche fisiche sono frequenti. C’è un problema di fondo, sanno che non gli fanno niente, hanno la consapevolezza che a loro tutto è consentito, che magari ti aggrediscono, vengono fermati dalle forze dell’ordine e dopo qualche ore sono di nuovo fuori”. Si ferma l’autobus, loro salgono ancora, un po’ più traballanti.
Sia nel 2004, sia nel 2008 Novelli è stato aggredito da alcuni stranieri. “Mi hanno strattonato, mi hanno dato spintoni. E io ho reagito”. Minuti da incubo su un autobus, lui che faceva solo il suo lavoro. “A bordo ci sono viaggiatori di tutti i tipi. Non so se il problema della sicurezza avrà un giorno una soluzione. Non è facile”. Le linee sono una terra di confine, il bus un paradiso dei balordi. “Come fai a non avere paura – dice ancora Sergio Chendi –, soprattutto la sera succede di tutto, risse, offese, sputi”. Riccardo Rosati, un viaggiatore, scende dal treno che arriva da Venezia. Racconta: “Nella mia città una bella idea per risolvere il problema l’hanno avuta, a bordo carabinieri e poliziotti in pensione. Aveva funzionato. Potrebbero farlo anche qui, a Ferrara”.