
L’operaio morì a 71 anni
Si è concluso davanti alla Corte di Appello di Ancona, con un’assoluzione, una condanna e una dichiarazione di inammissibilità, il giudizio di secondo grado del procedimento penale scaturito dal tragico ritrovamento del cadavere di un 71enne di Rapagnano all’interno di un cantiere edile nei pressi della piscina comunale di Fermo, all’alba del 28 marzo 2019. Erano stati chiamati a rispondere di omicidio colposo, da concorso omissivo, l’amministratore di una nota impresa edile di Fermo e l’architetto coordinatore della sicurezza, accusati di aver violato la normativa antinfortunistica e le prescrizioni del permesso di costruire in relazione alla recinzione del cantiere dove era stato ritrovato senza vita l’uomo. Ribaltando l’esito di primo grado, in accoglimento di un concordato raggiunto con il sostituto procuratore generale dal difensore del titolare dell’impresa, l’avvocato Andrea Albanesi, la Corte d’Appello ha invece ora condannato l’amministratore ad un anno di reclusione, con la sospensione condizionale, e al risarcimento dei familiari della vittima costituitisi parti civili. Rigettando le impugnazioni la Corte di Appello ha invece confermato l’assoluzione piena, perché "il fatto non sussiste", già ottenuta in primo grado dall’architetto progettista e coordinatore per la sicurezza, difeso dagli avvocati Oliviero Franchi e Daniele Cardinali. La Procura generale ha poi rinunciato all’impugnazione dell’assoluzione a favore della società. "Innanzitutto – ha commentato l’avvocato Cardinali - ribadiamo l’umana compartecipazione del nostro assistito per la sfortunata tragedia che ha colpito la vittima e la sua famiglia e da cui è scaturito questo doloroso procedimento. Non possiamo che manifestare la nostra soddisfazione per l’esito di questo giudizio di secondo grado, che riconferma l’insussistenza dell’ipotesi di reato a carico del professionista, nuovamente assolto con formula piena." Nella vicenda si è discusso delle responsabilità relative alla morte dell’uomo, scomparso dopo che con la moglie si era recato al pronto soccorso per accertamenti, sino alle dimissioni in piena notte: il 71enne, uscito dal nosocomio, non ricordando dove aveva parcheggiato l’auto, nel cercarla aveva finito per far perdere le sue tracce. Le successive ricerche si erano interrotte all’alba, con la drammatica scoperta del corpo esanime dell’uomo all’interno del cantiere dove si era introdotto per ragioni mai appurate. L’autopsia aveva stabilito che l’uomo era morto per un arresto cardiaco conseguente al trauma e alle fratture riportate, con buona probabilità in seguito ad una rovinosa caduta dall’alto. La Procura di Fermo aveva allora aperto un fascicolo per omicidio colposo, in un primo tempo verificando l’eventuale responsabilità dei sanitari del pronto soccorso, poi riconsiderando invece le caratteristiche e lo stato del cantiere edile, ritenuto in seguito non conforme alla normativa. Nel giudizio di primo grado, celebratosi con il rito abbreviato c’era stata l’assoluzione piena di tutte le parti coinvolte.
Fabio Castori