Soviero: "Fermana nel cuore, Belleggia un padre"

Ieri, 28 anni fa, si stava festeggiando la promozione in C1, il portiere ricorda un’annata strepitosa: "Il Livorno? Li abbiamo distrutti"

Soviero: "Fermana nel cuore, Belleggia un padre"

Soviero: "Fermana nel cuore, Belleggia un padre"

L’ennesimo guaio della Fermana, vedi l’indagine della Procura, non ci aveva permesso di guardare con gli occhi nostalgici quel 22 giugno, ieri. Ci proviamo oggi. A quest’ora, 28 anni fa Fermo stava ancora festeggiando la promozione in C1 dopo la vittoria nella finale di Ferrara contro il Livorno. Al Recchioni in quella stagione arrivò un portiere 22enne, alla prima esperienza da titolare in C. Il nome era Salvatore Soviero: all’apparenza un burbero per le varie sfuriate della sua carriera, ma quando si parla di Fermana ancora gli si accendono gli occhi, a quello che probabilmente (lasciamo il beneficio del dubbio solo per proforma) è il miglior portiere della storia gialloblù. Ciao Salvatore, come è avvenuto il tuo arrivo a Fermo?

"Avevo un contratto abbastanza alto per la C. Per andare alla Fermana me lo sono sensibilmente abbassato, grazie a Gianni Rosati non è stato difficile firmare".

L’inizio di quella stagione era stato travagliato.

"Quando fai una squadra nuova non si trova subito l’assetto giusto. Abbiamo rischiato. Dopo che abbiamo raggiunto la condizione, abbiamo ingranato. Man mano che giocavamo miglioravamo sempre tutti. Vessella era quello che riusciva a tenere insieme il gruppo tra i vecchi e i giovani. Poco menzionato ma uno dei più determinanti, insieme a Di Matteo. C’erano persone di spessore e di qualità al di sopra della media".

Come ha vissuto la doppia semifinale contro la Ternana?

"All’andata loro non meritavano di perdere 2-0. Tutti ci ricordiamo i gol ma non le parate, ci presero a pallate. Noi abbiamo sfruttato le nostre occasioni, loro no. Quando si vince ci vuole un pizzico di fortuna: al ritorno, con la gente appena fuori dal campo, l’arbitro ha fatto battere comunque l’angolo che ha portato al gol decisivo. Un altro arbitro con tutto quel casino non avrebbe fatto battere. Da lì è nata l’epopea. Dopo Livorno io non sono potuto tornare a Fermo perché dovevo andare a fare il militare. Quindi per me la festa vera è stata quella del ritorno a Fermo dopo la semifinale. Mi ricordo la città piena di gente incredula".

Poi quell’ultima partita a Ferrara…

"La finale contro il Livorno è stata la partita dove ho parato meno. Li abbiamo distrutti sotto tutti i punti di vista. Ci avevano annullato un gol che in realtà era valido. La finale non ci ha creato pensieri. In queste partite esce l’altro me, scherzo e rido prima delle partita, ma durante… Solo dopo ci siamo resi conto dell’impresa che abbiamo fatto, pensando anche che mi volevano fare fuori. Alcuni pensano che io sia stupido, ma lo pensa l’ignorante".

La grande occasione per il Livorno ce l’ha avuta Bonaldi, che la salta, ma Bettella salva tutto a porta vuota.

"Stefano aveva fatto un grande campionato. Poi ci siamo anche ritrovati a Genova. Era un giocatore di grandi qualità, tecniche e morali. Lui mi ringrazia quando paravo i rigori, e io l’ho fatto in quell’occasione. Con lui avevo un rapporto particolare , di amore e odio. Gente come lui, al di là di quel campionato, ha avuto una crescita calcistica impressionante".

Che aria si respirava in quel gruppo?

"Da Fermo mi sono sempre portato la semplicità e i rapporti con gli altri. Diversi di quei giocatori sono come fratelli oggi. Io abitavo insieme a Di Matteo, Matzuzzi e Bertaccini. Tutti prima della partita erano concentrati, noi giocavamo alla lotta in camera. Arrivavamo al campo già distrutti, eppure… Regnava l’armonia, anche se non con tutti. Io sono stato sempre schietto, non sono mai andato oltre i meriti che mi attribuiva la gente. Mentre altri se li sono presi più di quelli effettivi. Essere lecchini non premia. Fuori casa giocavamo sempre uno in meno. I comportamenti e gli atteggiamenti fanno la differenza. Io non ho bisogno di fare il ruffiano con i tifosi della Fermana per farmi inneggiare. Fermo rimane una parte di me, ma non ho bisogno di dirlo ogni volta. Questa forma di lecchinaggine per far vedere chi ci tiene più degli altri non mi piace".

Anche fuori dal campo il lavoro è stato enorme, con Belleggia e Rosati.

"Rosati tra una squadra di B e la Fermana, sceglierebbe sempre i gialloblù per affetto. Noi eravamo un’accozzaglia di giocatori che nessuno voleva, solo lui ha creduto nelle nostre potenzialità. Il presidente Belleggia è stato come un padre. Mai un litigio con lui, aveva sempre il sorriso in faccia. Non ha mai fatto mancare il suo supporto. Presidenti come lui non ce ne sono più. Mi è dispiaciuto non essere stato al funerale, ma forse è meglio così, almeno mi sono perso delle scene patetiche. Se il potenziale economico della proprietà del club degli anni in C lo avesse avuto Belleggia, la Fermana avrebbe fatto 10 anni di Serie B".

Filippo Rocchi