di Angelica Malvatani
È di nuovo luce a Fermo, tornano le grandi mostre, gli spazi per respirare storie d’arte. La firma è ancora una volta di Vittorio Sgarbi, a Palazzo dei Priori arrivano Antonio Ligabue e Giuseppe Pende, due mostre in uno stesso spazio a richiamare visitatori da qui al 5 maggio. È tornato ieri il sottosegretario Sgarbi, a raccontare il lavoro fatto insieme a Marzio Dall’Acqua, il sindaco Paolo Calcinaro non nasconde l’emozione: "L’Italia deve sapere che qui ogni anno c’è una mostra che stupisce, i numeri dello scorso anno ci dicono che siamo sulla strada giusta, Sgarbi ha sposato con convinzione questi progetti e ne siamo orgogliosi".
L’allestimento è di Maggioli cultura, il contesto è la provincia di Fermo che, come ha detto il prefetto Rocchegiani, "è uno scrigno di tesori d’arte, iniziative come queste curate da grandi personalità del mondo dell’arte favoriscono interazioni fanno emergere nuovi spunti di riflessione e stimolano nuovi momenti di confronto. Grazie al sottosegretario per aver scelto fermo, la presenza qui è davvero una grande occasione". Dietro le quinte della mostra anche l’assessore alla cultura Micol Lanzidei: "Sono due mostre insieme che accendono un faro importante, il titolo che abbiamo voluto dare, in una profondissime diversità dei due artisti, è ‘il tempo delle mostre’, il tempo qui lo intendiamo come i frammenti della nostra vita che vorremmo dedicare alle cose belle e vere, il tempo della storia che arriva fino ai giorni nostri, in una linea che attraversa i secoli e lascia il segno. Una grande ricchezza della nostra città su cui puntiamo tanto, abbiamo la sezione collezionismo del museo Fontevecchia, diventerà il polo museale più bello di tutta la regione, poi siamo arrivati al ‘400 con la sezione della pinacoteca con le tavole di Jacobello del Fiore, oggi raccontiamo l’arte contemporanea’. È una mostra che parla di due uomini che raccontano i loro mondi, Pende è del territorio e torna nella sua Fermo dopo un lunghissimo periodo, un artista sempre fedele a se stesso, dalla sensibilità poetica grande, ha scelto di nascondersi al mercato dell’arte. Allievo di Pende negli anni ’60 e poi collega all’istituto d’arte, Alessandro Malaspina racconta un artista vero, presente in mostra con 40 opere: "Pende è stato professore di disegno dal vero con un metodo unico e inimitabile, i suoi ex allievi sono diventati scenografi, artisti, insegnanti. Era appassionato e aveva una mano impareggiabile. Era sempre in mezzo ai suoi ragazzi, si schierava sempre a favore dei più deboli".
Si parla di Ligabue come di un selvaggio che esce dalla giungla e diventa artista, una visione assurda secondo Marzio Dall’Acqua: "Visione ridicola, ha sofferto drammi e dolori, gli stessi di tutti, era un uomo meraviglioso, come tutti noi. Ha all’interno una inquietudine, una insoddisfazione, un modo di diventare uomo che è proprio nelle sue angosce. Aveva l’intelligenza dell’occhio, della visione". Di Ligabue in mostra 40 opere, intense, importanti, due delle quali inedite e la tigre, bellissima, che è sul manifesto, che non veniva esposta dal 2015. Lo stesso Sgarbi ha concluso un pomeriggio denso di emozioni, dopo aver girato a Palazzo dei Priori, visitando il Rubens e la sala del Mappamondo col consueto amore per le cose belle: "Pende si è tenuto sempre lontano da mostre e mercato, con la consapevolezza del suo valore vivendo la pittura come prolungamento del pensiero e per testimoniare il suo rapporto con Dio. L’arte è esercizio spirituale, allenamento per parlare con le cose più alte che sono dentro di noi. Ligabue invece ha cercato la gloria, per una strada impervia e rovesciata rispetto agli artisti del ‘900 italiano, di cui è sempre stato ai margini. Questo rende interessante la sua impresa il cui riconoscimento è nello sguardo di chi lo conosce, nella sua vita tormentata si chiama attenzione all’opera. Ho pensato che Fermo poteva essere la città giusta per esporre la pittura del ‘900, con una componente popolare, in totale dissonanza dal mondo delle avanguardie di un secolo pieno di contraddizioni. C’è provocazione anche nella vita disperata di Ligabue ma c’è qualcosa che lo rende vicino, a Fermo facciamo vedere la contro arte contemporanea, che a volte i critici non sanno dove mettere. È arte come espressione della natura e di profonda, intensa verità interiore".