di don Vinicio
Albanesi*
Questa domenica inizia il nuovo anno liturgico chiamato Avvento. Le quattro settimane che separano dalla festività del Natale, sono state interpretate, nella tradizione cristiana, come tempo di digiuno, silenzio ed elemosina. L’interpretazione religiosa, prima dell’esplodere per la notizia della nascita del Salvatore, richiedeva la conversione del cuore per essere adeguati al messaggio della salvezza. Nel tempo è prevalso il clima di festa, ma la liturgia segue un altro percorso: la bellezza e l’attesa è prima di tutto l’accoglienza del cuore libero da ogni cupidigia e dai legami dell’esteriorità. I brani indicati da questa domenica sono in parallelo tra la preghiera di lode e l’avvertimento della caducità della vita.
Nello scritto di Isaia i richiami a Dio sono di grande tenerezza: "Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore". Il profeta si permette addirittura di provocare Dio stesso, in forma di domanda: "Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?" Ma alla provocazione il profeta subito si risponde: "Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani." Con rara profondità di introspezione, le parole bibliche indicano le componenti del cuore umano. Il desiderio di bene e di infinito e la pochezza delle contraddizioni, per ricomporre il tutto nella preghiera di lode "siamo opera delle tue mani".
Il Vangelo di Marco ricorre alla parabola del padrone di casa che parte, ritorna e chiede conto a coloro ai quali è stata affidata, con l’avviso: "Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati." Nel periodo di pandemia, l’attenzione ad essere svegli è presente e sofferta. Il desiderio di una festa in famiglia e tra amici è una giusta pausa di respiro nella tristezza quotidiana di malattie e morti. Possiamo invocare Dio con le parole del salmo: "Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome".
* Parroco di San Marco
alle Paludi, Fermo