Fermo, 3 settembre 2024 – Parole che fanno male, segnali di un dolore profondo e senza risposte. Così la psicoterapeuta Cristina Marinelli commenta il fatto di cronaca che ha sconvolto l’Italia, dopo la strage famigliare compiuta da un ragazzo di 17 anni: "Qui non si deve parlare del fatto in sé. Il problema sono le parole che sono emerse nel primo interrogatorio, nelle quali ho riconosciuto le stesse sensazioni che manifestano i ragazzi, adolescenti fermani nel mio studio: ‘Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia, oppresso’.
Ci sono parole e frasi così, nei miei incontri con i ragazzi di quell’età, dicono che non hanno più emozioni, non hanno voglia di fare nulla. Non dico che tutti arriveranno a gesti tanto tragici ma quello che posso fare è riconoscere quello stesso muto dolore di cui nessuno si è fatto carico". Ecco allora che si finisce per trovare una via di fuga nella distruzione di sé o degli altri: "Questo è il risultato di una società che non li sta ascoltando, fanno fatica ad avere relazioni sane e autentiche, nella famiglia conta l’apparenza, solo dover essere e non essere, è una forma narcisistica che si sviluppa e crea danni immensi sul piano emotivo. Faticano ad esprimere emozioni e conflitti interiori, la comunicazione si interrompe, si ricorre a gesti estremi, all’abuso di sostanza, di tecnologia, per un malessere interno. Davanti a questa desertificazione emotiva che parte anche dai contesti sociali e scolastici dove si cerca la performance più che la relazione, la domanda che ci dobbiamo porre è che cosa possiamo fare, come prevenire".
Secondo la dottoressa Marinelli oggi agire è più urgente che mai: "Aldilà della dinamica dei fatti, l’evento in sè impone una riflessione profonda sul disagio giovanile e sulla difficoltà di cogliere segnali di malessere. Non siamo abituati al linguaggio delle emozioni che devono avere voce, dobbiamo dare voce alle emozioni dei ragazzi, anche quelle più disturbanti, solo così possiamo trovare alternativa alla violenza. il solo ascolto non basta più, serve un supporto psicologico, nelle scuole, nelle famiglie e nel contesto societario, in sinergia con tutti gli adulti di riferimento, è un investimento necessario e oggi trascurato per la salute mentale delle nuove generazioni, mi preme creare una cultura e una riflessione, partendo da questa tragedia, è tempo di fermarsi".
La psicologa sta organizzando un evento su questo, per capire cosa si deve sapere sull’età adolescenziale, anche dal punto di vista neuroscientifico, per capire cosa possiamo fare con loro concretamente: "Ripeto, bisogna attivarsi prima possibile, i tempi sono velocissimi, la celerità ci impone di evitare emozioni che invece sono essenziali per la conoscenza di noi stessi e del contesto, in primis la frustrazione che oggi viene esclusa da ogni contesto dentro una immagine che deve essere sempre positiva e performante, adeguata alla società. Dobbiamo poter dire come stai, come ti senti, come possiamo stare insieme in questa emozione negativa. I ragazzi devono capire che queste sensazioni se affrontate possono passare, senza arrivare a scelte autolesionistiche o alle violenze. E’ importante che si capisca che non dobbiamo solo avere un alto funzionamento cognitivo ma anche emotivo, di pancia, l’equilibrio tra questi aspetti porta a capire come ci sentiamo, come stare in certe emozioni, manifestarle e attraversarle per stare meglio. Segnali negativi sono il continuo abbandono sportivo, scolastico, la non motivazione nell’avere obiettivi, nell’andare avanti. Dobbiamo guidarli ad essere curiosi, a conoscere l’ambiente esterno. Sono gli adulti ad essere disorientati, a negare il problema e a lasciare soli questi ragazzi che non hanno più una guida, travolti dalle emozioni a cui non sanno far fronte, non riescono a riconoscerle, è un vuoto amplificato dai social, dalla tecnologia, in una forma dissociativa e non integrativa. Quello che ci deve allarmare è che è tempo di creare una rete di ascolto e sostegno per i ragazzi, il prima possibile altrimenti abbiamo una generazione di ragazzi che diventano adulti con serie difficoltà dal punto di vista sociale".