L’ultima opera di don Vinicio. Albanesi

Don Vinicio Albanesi racconta la sua ricerca di Dio e la sua visione di una religiosità meno razionalista e più affettiva nel libro "Raccontare Dio. Per essere parte attiva del Creato".

L’ultima opera di don Vinicio. Albanesi

L’ultima opera di don Vinicio. Albanesi

Difficile sintetizzare il senso di una vita alla ricerca di Dio. Prova a farlo, in una sorta di percorso autobiografico, don Vinicio Albanesi, un prete che potremmo definire attento testimone e partecipe delle vicende umane, non solo quelle riconducibili alla sfera del sacro. La sua esperienza di fede si rafforza vicino agli ultimi e ai più fragili con la scelta di una vita in comunità, ma non rinuncia a quella semplicità e schiettezza che è alla radice del suo percorso sacerdotale. ‘Raccontare Dio. Per essere parte attiva del Creato’, è il titolo dell’ultima opera di Albanesi, edita dalla casa editrice Zefiro. "Ho più volte chiesto a don Vinicio di scrivere un testo che potessimo pubblicare" sottolinea Carlo Pagliacci, titolare della Zefiro e, finalmente, mi ritrovo tra le mani un libro potente, pieno di coraggio nel disegnare un Dio più comprensivo che giudicante, il cui progetto non ignora i lati oscuri delle vicende umane ma offre, con umiltà, una possibilità per affrontarli". In queste pagine incontriamo un Dio, spesso a braccia conserte, che osserva ciò che la sua creatura più intelligente e ambiziosa è capace di fare, e non ne è particolarmente soddisfatto. Ma Dio "non può e non vuole fare nulla" di fronte all’ignavia dell’uomo. "Ha concesso libertà, e alla sua promessa rimane fedele", scrive Albanesi. D’altra parte, l’uomo stesso deve accettare la sua limitatezza e le sue contraddizioni, in una sorta di schizofrenia tra beatitudine e maledizione, luce e ombra, bene e male, in un delicato equilibrio che lo porti, finalmente, a una maggiore consapevolezza del suo ruolo nel mondo. A volte don Vinicio, tratteggiando ricordi di gioventù, sembra rimpiangere i tempi di una fede più consolatoria e rassicurante. Ma è un attimo. Perché poi torna potente in lui l’interrogarsi, il chiedere, il sollecitare. E il rivendicare una visione diversa della religiosità, meno intrisa di razionalismo e più dedita all’affettività.