Le ombre della camorra. Da Caserta al Fermano per la piazza di spaccio. Campano alla sbarra

Associazione a delinquere e traffico di sostanze stupefacenti: queste le accuse per il 26enne che abita a Porto Sant’Elpidio. Le indagini portarono a un suo legame col boss Filippo Piscitelli.

Le ombre della camorra. Da Caserta al Fermano per la piazza di spaccio. Campano alla sbarra

Le ombre della camorra. Da Caserta al Fermano per la piazza di spaccio. Campano alla sbarra

Era stato inviato nel Fermano dal clan camorristico di cui faceva parte per allestire una piazza di spaccio e per eliminare la concorrenza locale. Il giovane campano, però, era già nel mirino dei carabinieri della Compagnia di Fermo, che lo avevano tratto in arresto nella sua abitazione. Per questo motivo un 26enne, originario della Campania ma domiciliato a Porto Sant’Elpidio, è finto davanti al tribunale di Fermo dove è stato chiamato a rispondere di associazione a delinquere e traffico di sostanze stupefacenti. Il processo ha preso il via con l’audizione degli investigatori dell’Arma che avevano condotto le indagini.

Nel corso dell’udienza, uno dei carabinieri chiamato a testimoniare ha spiegato che l’arresto del pusher aveva fatto parte di una più ampia operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che era servita a sgominare un gruppo criminale, collegato al clan Massaro, che gestiva in maniera monopolistica il traffico di droga nelle province di Napoli, Caserta e Benevento. L’attività investigativa aveva preso il via nell’ottobre 2018 ed era stata condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Caserta attraverso un’ampia piattaforma tecnica e una mirata attività esterna di riscontro.

Era emersa così l’operatività di un gruppo criminale in espansione e che voleva mettere una base anche nel Fermano. Il 26enne di origini campane era finito in manette nell’aprile 2022 quando gli uomini dell’Arma, una volta individuato il suo appartamento, avevano circondato lo stabile ed erano entrati in azione, cogliendolo nel sonno. Era stato un blitz chirurgico studiato a tavolino per non dare tempi di reazione al malvivente, considerato estremamente pericoloso, e quindi evitare che l’incolumità dei cittadini potesse essere messa a rischio.

Il 26enne era poi risultato direttamente legato al boss dell’organizzazione, il casertano Filippo Piscitelli. Era lui che forniva contanti e auto, aiutava i familiari dei detenuti e trovava gli avvocati giusti, sostenendo le spese legali. Il braccio destro era Domenico Nuzzo e controllava gli affari. Il fratello del boss, Raffaele Piscitelli, nonostante fosse detenuto, stabiliva le "linee guida" della gestione dell’attività criminale. Questo poteva farlo grazie alla compagna, che fungeva da intermediaria tra il detenuto e gli altri elementi del clan. Una inchiesta enorme, partita dall’arresto di Antonio Piscitelli, figlio di Filippo, rampollo della famiglia dei ‘Cervinari’ avvenuto nel giugno 2018. Il ragazzo, all’epoca, era sottoposto agli arresti domiciliari ma, nel corso di un controllo, non era stato trovato a casa ma in un paese vicino.

Nel corso della successiva perquisizione, era stato ritrovato un telefono cellulare di piccole dimensioni. Un "mini cellulare" utilizzato per chiamare un solo numero, che permetteva di restare in contatto col padre Filippo, detenuto in quel periodo in carcere. L’organizzazione per affermare la supremazia non esitava a fare ricorso a minacce armate, violenti pestaggi ed atti incendiari. Il sodalizio aveva deciso di allungare i propri tentacoli in altre zone d’Italia, nelle Marche e, in particolare, nel Fermano da sempre considerata provincia appetibile dalla camorra.

Fabio Castori