L’Aids purtroppo non è scomparso: "Al Murri 400 pazienti in carico. I farmaci di oggi bloccano il virus"

Francesca Siquini, dirigente del reparto di malattie infettive spiega: "Esistono persone che non si curano semplicemente perché non fanno i test. Sono questi soggetti i veicoli delle nuove infezioni"

L’Aids purtroppo non è scomparso : "Al Murri 400 pazienti in carico. I farmaci di oggi bloccano il virus"

Le aspettative di vita per chi ha il virus dell’Hiv sono nettamente migliori grazie ai nuovi farmaci

L’Aids, purtroppo, non è scomparso. Se ne parla meno, ma c’è ancora, anche se oggi le aspettative di vita sono nettamente migliori grazie ai nuovi farmaci. L’importante, però, è una diagnosi precoce. Il reparto di malattie infettive dell’ospedale Murri è da sempre all’avanguardia e attualmente ha 400 pazienti presi in carico. "A metà degli anni ottanta - spiega la dirigente del reparto, Francesca Siquini – è stata fatta la prima diagnosi di Aids. Da allora, sono cambiate tante cose. Adesso abbiamo farmaci che possono bloccare il replicarsi del virus, i danni che causa nel corpo e quindi la progressione della malattia. Il risultato straordinario è che l’aspettativa di vita è diventata quasi pari a quella di una persona non positiva. Recentemente sono stati introdotti nuovi farmaci. Il trattamento ogni due mesi per via iniettiva rappresenta oggi una realtà terapeutica consolidata in molti paesi, superando la problematica dell’assunzione giornaliera di farmaci". L’altra buona notizia è che le persone in terapia con presenza di virus in circolo azzerata da almeno sei mesi non trasmettono l’infezione attraverso rapporti sessuali non protetti. "Chi segue una terapia efficace – continua la dottoressa Siquini – non solo non si ammala, ma non ha più nemmeno la possibilità di infettare gli altri con rapporti sessuali". Dunque oggi l’importante e conoscere prima possibile lo stato di sieropositività e curarsi. In questo modo si potrebbero abbattere le nuove infezioni nella quasi totalità e nel giro di pochi anni. Purtroppo, però, è la fase inziale la vera problematica, ovvero fare il test ogni volta che si ha l’impressione di essere a rischio. E’ quanto auspica la dottoressa Siquini: "Esistono persone che non si curano semplicemente perché non fanno i test e quindi non sanno di essere ammalate. Sono queste persone, più di quelle sieropositive e in cura, i veicoli delle nuove infezioni. Purtroppo negli ultimi anni, in Italia, il numero di nuove diagnosi è stato causato soprattutto da infezioni a trasmissione sessuale, sia da rapporti eterosessuali che omosessuali".

Fabio Castori