
Luisanna Cola
Si è chiusa nei giorni scorsi l’esperienza di Luisanna Cola alla guida della rianimazione di Fermo, dimissioni arrivate prima di Natale che oggi hanno trovato compimento e che lasciano un grande vuoto in corsia, umano e professionale. Le riflessioni in merito a quella decisione l’ormai ex primaria le affida ad una lettera aperta (la versione integrale è pubblicata su quotidianosanità.it) in cui parla di dimissioni volontarie e di una decisione ponderata e sofferta: "Il mio direttore sulla stampa le ha derubricate come dimissioni per motivi personali (come se esistessero scelte impersonali!). Da una parte si è detto che la politica aveva lavorato male e dall’altra si è asserito che la scelta è legata a più lauti guadagni nel privato, con meno responsabilità. In due giorni si è spenta la polemica, probabilmente distratti da una nuova. Già un anno fa avevo lasciato la carica di direttore di Dipartimento Emergenza rinunciando ad un netto di mille euro in busta paga (quella attratta da lauti guadagni…). Io, aziendalista convinta e fedele, mi sono ritrovata in una crisi profonda della quale non trovavo il bandolo". Susi Cola parla di una situazione di malcontento che riguarda soprattutto la professione medica, nell’ultimo anno sono circa settemila i medici che hanno lasciato la sanità pubblica, deserti i posti di specializzazione per i settori più delicati, pronto soccorso, pediatria, rianimazione e chirurgia: "Senza promesse di sviluppo si perde la spinta ad una professione sempre più problematica. Ma oggi il lavoro medico non è più appetibile anche per altri motivi, trattamento economico a parte. Il problema della violenza sul personale sanitario è in crescita. Gli ambiti dove le violenze sono più frequenti sono i Dipartimenti di Emergenza, Pediatria e Chirurgia, non a caso i meno appetibili per chi deve scegliere una specialità. Quella medica è l’unica professione al mondo sottoposta a tre tribunali: un tribunale aziendale, nel proprio ospedale; un tribunale ordinistico, che è quello professionale; un tribunale civile e penale, che è quello della giustizia ordinaria. In più la qualità del lavoro è pessima, prosegue Cola, lo smantellamento del territorio costringe i pochi medici di pronto soccorso a vedere anche 100 pazienti a turno, e la mancanza di alcune figure specialistiche (Pronto soccorso, Anestesia, Pediatria, Chirurgia) obbliga ad orari che vanno ben oltre le 38 ore settimanali, con retribuzioni "a prestazione aggiuntiva" pari al lavoro ordinario". La dottoressa rileva anche che oggi in Italia manca una cultura di protezione della propria sanità, un orgoglio a far sì che funzioni, una responsabilità a trattarlo come un ambiente fragile e prezioso: " Eppure la sanità è un bene di tutti e le condizioni di lavoro, gli affollamenti, i ritardi di presa in carico, le liste di attesa, non sono responsabilità dell’ultimo lavoratore. A completare il quadro aggiungiamo i tagli dell’organico con il mancato turnover, l’uso estensivo di contratti precari, l’aumento dei carichi di lavoro senza controllo e una cultura antisindacale, trasversale al mondo del lavoro". Azioni di miglioramento sono possibili, ma solo se la politica le vuole, conclude Susi Cola.