REDAZIONE FERMO

"Giuseppe non doveva nemmeno essere lì"

C’è rabbia in piazza del Popolo dove gli studenti manifestano: "Non si può moririre così, lavorare a 16 anni: la scuola in questo ha fallito"

Sfilano coi fumogeni, gridando a voce alta, sfilano e lottano, con l’energia della giovinezza, sognando un mondo migliore. Il punto di partenza è la richiesta di sicurezza sul lavoro, in generale. E poi la voglia di una scuola diversa, che formi davvero i ragazzi, che costruisca futuro. Sono scesi in piazza gli studenti marchigiani, appuntamento a Fermo dove per la verità i ragazzi non hanno trovato unità d’intenti e si sono presentati a ranghi ridotti, poco più di un centinaio tra studenti e esponenti di movimenti. Presenti le sigle sindacali Usb, Fiom Cgil, la Casa del Popolo, Rifondazione comunista, assente il Partito Democratico e i ragazzi lo sottolineano: "Ci hanno detto che era meglio evitare, noi crediamo che sia doveroso essere qui e forse sono loro che hanno paura della rabbia degli studenti". Ci sono anche i genitori e il fratello di Giuseppe Lenoci, morto qualche giorno fa sul furgone che lo portava sul posto di lavoro, il viso segnato da un dolore che non finisce mai: "Non doveva essere lì, non doveva lavorare a 16 anni, la scuola in questo ha fallito", ribadisce Rodolfo Valentini, studente del Montani. Il nome di Giuseppe torna in tutti i discorsi, insieme a quello di Lorenzo, morto travolto sul luogo di lavoro a 18 anni, durante uno stage: "E’ un problema generale di sicurezza sul lavoro, spiega Alessandro De Grazia segretario provinciale Cgil, i ragazzi in formazione devono potersi preparare in luoghi protetti, al sicuro, con la loro giovane età e l’inesperienza che non può vederli già tra i lavoratori".

Parlano di sfruttamento i ragazzi, chiedono una scuola che sappia essere davvero scuola, dopo due anni di didattica a distanza che ha fiaccato anche i più volenterosi. Si rivolgono al ministro dell’istruzione Bianchi ma anche al ministro dell’interno Lamorgese, vogliono essere ascoltati, è tempo che la politica rimetta mano al mondo della scuola che non trova più risposte e non costruisce possibilità. Ci sono anche gli operai della Caterpillar di Jesi, a far capire che la lotta per il lavoro sicuro e sereno è un diritto di tutti, sono qui per dare la loro vicinanza ai ragazzi e per abbracciare la famiglia di Giuseppe. Parlano di rabbia i ragazzi, si dicono stanchi e davvero esasperati. Una piazza che, ribadiscono, vogliono sia solo un punto di partenza per una lotta che andrà avanti e che si spera porterà novità e uno slancio diverso, per una scuola che non sa più tenere al sicuro i ragazzi e non li manda verso il futuro in sicurezza. A marzo ancora una giornata di protesta, per chiedere che si rimetta mano a tutti i percorsi formativi e riveda le modalità di organizzazione delle esperienze di alternanza scuola lavoro, un progetto che non piace ai ragazzi, che non ha dato i risultati sperati, che non è al passo con i tempi e col bisogno di modernità e di possibilità che hanno gli studenti.

Angelica Malvatani