Nel periodo della "permacrisi", una crisi permanente iniziata nel 2008 e mai finita, compresa una pandemia mondiale, il distretto calzaturiero del Fermano è stato costretto a rivedere costantemente il modello di competitività. Ciò ha portato le aziende a cambiare spesso le strategie, realizzando un percorso di sviluppo sempre più attento alle dinamiche congiunturali.
"Dobbiamo dimenticare in fretta i numeri del 2023. Il segno più vicino all’export del distretto calzaturiero fermano-maceratese rischia di annebbiare la vista a chi deve agire per supportare il sistema moda", avverte Valentino Fenni, presidente della sezione calzaturieri di Confindustria Fermo e vice presidente nazionale di Assocalzaturifici, per descrivere la strategia da adottare in questo momento. Fenni, qual è la situazione?
"I dati a disposizione indicano un settore vivace e un distretto in ripresa dopo le varie peripezie degli ultimi anni, ma parlando tra colleghi, vedo un’altra realtà. La crescita dell’export, tra l’altro in valore e non in quantità, è legata praticamente soltanto ad alcuni brand che producono nel Fermano. Per le Pmi invece, la colonna portante del distretto, i numeri sono diversi". Però la Cina cresce.
"Se a crescere è la Cina, significa che si parla di grandi brand. Ma se diminuisce la Germania, l’impatto è immediato su tutte le aziende calzaturiere. E i numeri dicono che Belgio, Gran Bretagna e Germania hanno dimezzato gli ordini. Sono confermati invece quelli da Russia e Ucraina, mercati che per il Fermano sono ancora importanti. Ogni paio qui è una boccata di ossigeno". Avevate colto segnali di questo genere già al Micam?
"Già il Micam lo aveva dimostrato: c’era interesse per le collezioni, ma anche poca propensione alla firma sugli ordini. Che poi sono arrivati, ma in quantità nettamente inferiore al passato anche a causa di un clima folle, che ha praticamente cancellato l’inverno. Questo comporta uno stallo produttivo, l’inutilizzo delle materie prime e una necessaria cassa integrazione, che non piace a nessun imprenditore". Sono in difficoltà sia quanti producono col proprio marchio che le aziende contoterziste?
"Le richieste di Cig (cassa integrazione) in questi primi mesi del 2024 sono raddoppiate rispetto all’anno scorso. La novità, non positiva, è nel fatto che stanno arrivando richieste da parte di chi lavora con le griffe, che inizialmente avevano rassicurato sul futuro del mercato, mentre ora restano in silenzio oppure parlano coi bilanci, che mostrano importanti cali. La diminuzione degli ordini, in questo caso, è in media del 30%". Se si fermano gli ordini a livello internazionale, la conseguenza è il blocco delle produzioni affidate ai terzisti, spesso piccoli e monomandatari.
"Ogni fabbrica impatta sul sistema sociale, perché ci sono famiglie dietro ogni abile artigiano". Qual è la richiesta di Confindustria Fermo?
"Abbiamo bisogno di aiuti, che in questo particolare momento vadano oltre i contributi che Regione e Camera Marche per fortuna ci garantiscono. Il 2024 è l’anno del made in Italy, allora il ministro Adolfo Urso, che ha preso parte all’ultima edizione del Micam, faccia qualcosa di rivoluzionario: pensiamo a sistemi di sgravio per chi acquista prodotti italiani, aiuterebbero le scarpe, ma la moda in generale. Una politica di incentivi già usata per le automobili, e anche per l’edilizia, che merita un settore come il nostro, che garantisce una importante fetta di Pil nazionale e dà lavoro in Italia a decine di migliaia di persone".