FABIO CASTORI
Cronaca

Clan cinese del riciclaggio, tra gli indagati due imprenditori fermani

Sono accusati di associazione a delinquere: il primo è di Monte San Pietrangeli, amministratore di un’azienda con sede a San Benedetto, il secondo è il titolare di un calzaturificio di Fermo

La maxi operazione della Guardia di Finanza

La maxi operazione della Guardia di Finanza

Fermo, 27 ottobre 2024 – Spuntano nuovi nomi nella maxi indagine della Guardia di Finanza sull’organizzazione dedita al riciclaggio di denaro per mezzo di una banca clandestina cinese che aveva il quartiere generale tra il Maceratese e il Fermano ma con tentacoli in tutta Europa.

E sono nomi di italiani che sono stati raggiunti dalle misure cautelari emessa dal gip di Macerata e avallate dell’Eppo, European public prosecutor’s office di Milano e Bologna. Nel mirino degli inquirenti sono finiti due imprenditori, uno di Monte San Pietrangeli, amministratore di un’azienda di San Benedetto del Tronto, e il titolare di un calzaturificio di Fermo.

Entrambi sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio. Secondo gli inquirenti l’amministratore dell’azienda sambenedettese e l’imprenditore calzaturiero fermano, avrebbero ricevuto ingenti somme di denaro per operazioni inesistenti, per poi girarle a società estere senza alcuna giustificazione.

I due, a fronte del prelievo dei soldi, avrebbero effettuato bonifici su conti correnti nazionali ed esteri riconducibili ai componenti dell’associazione criminale e per tale servizio trattenevano una percentuale sulle somme.

All’imprenditore di Monte San Pietrangeli, difeso dall’avvocato Massimo Di Bonaventura, è stato contestato un giro fittizio di denaro per oltre un milione di euro, ma lui sostiene di essere estraneo ai fatti. “Rivendichiamo l’estraneità all’associazione a delinquere e alle operazioni di riciclaggio – ha dichiarato l’avvocato Di Bonaventura – tanto meno il coinvolgimento nell’attività degli indagati prevalentemente cinesi. Abbiamo fiducia negli inquirenti e siamo certi che la verità verrà a galla”.

L’operazione è scattata l’altro ieri all’alba quando il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Ancona, con la collaborazione dei Reparti del Corpo competenti per territorio, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di 33 persone. Il provvedimento ha colpito principalmente i componenti di un’associazione per delinquere di matrice sinica che operava in Italia e in Europa.

Oltre alla custodia in carcere per i due promotori, sono stati disposti gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per cinque associati e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di altri due appartenenti al sodalizio residenti a Porto Sant’Elpidio.

Sempre a Porto Sant’Elpidio è stato sottoposto a sequestro un ristorante di proprietà di uno degli imprenditori cinesi coinvolti. Sono stati inoltre sottoposti a sequestro beni e disponibilità finanziarie per più di 216 milioni di euro.

La liquidità frutto delle attività illecite gestite da cinesi veniva “ripulita” mediante un sofisticato sistema di riciclaggio, realizzato mediante l’utilizzo della cosiddetta Chinese Underground Bank, dotata di veri e propri sportelli bancari abusivi e occulti, situati a Civitanova Marche, a Corridonia e a Porto Sant’Elpidio.

Presso i tre sportelli bancari, celati all’interno di una villa, di un’agenzia viaggi e di un Cash&Carry, l’organizzazione cinese si occupava di raccogliere denaro da riciclare e di stoccarlo, per poi consegnarlo ai clienti che ne avevano preventivamente ordinato il prelievo.

Per garantire la massima velocità e riservatezza delle operazioni, l’organizzazione aveva la disponibilità di un caveau, dove procedere alle successive operazioni di stoccaggio delle banconote.

Il denaro contante poi veniva ritirato direttamente agli sportelli o inviato in diverse regioni d’Italia mediante “corrieri”, oppure trasferito all’estero tramite “conti virtuali” con destinazione finale la Cina.