"Se non iniziamo a prendere dei provvedimenti, nel giro di un paio di decenni i tartufi scompariranno dai Sibillini". Un quadro molto preoccupante descritto con minuzia di particolari da Alberto Mandozzi presidente dell’Atam (Associazione tartufai dei monti Sibillini) di Amandola, che rivolge alle istituzioni un invito a prendere in considerazioni strategie attuabili per salvare il tartufo. La crisi della reperibilità di prodotto è stata innescata dalla siccità degli ultimi mesi, a questo però si aggiungono anche condizioni strutturali su cui però si potrebbe lavorare.
"Basta mezzo grando in meno e una stagione siccitosa e l’intera possibilità di avere una raccolta di tartufi viene messa in discussione – commenta Mandozzi – anche questo è un effetto del riscaldamento globale, se non cambieranno le condizioni nel giro di 30 massimo 40 anni sui Sibillini non ci saranno più tartufi".
Un allarme che suona forte e chiaro, e che si aggiunge al coro dei tanti, dagli scienziati agli attivisti per la difesa dell’ambiente, fino agli artisti e ai ragazzi che il venerdì scendono in piazza per smuovere le coscienze dei governanti: non c’è un altro pianeta, dobbiamo trattare meglio il nostro prima che diventi inabitabile. Ieri del resto in gran parte d’Italia si registravano venti gradi di massima, che per l’inizio di marzo è davvero tanto.
"Alcuni giorni fa ho partecipato alla fiera di Norcia – dice ancora Mandozzi –, i prezzi sono raddoppiati, una situazione che non si era mai presentata prima. Stiamo perdendo l’habitat naturale in cui i tartufi nascono e si sviluppano, il tartufo bianco sarà il primo a subirne gli effetti, ma anche il tartufo nero rischia di scomparire. Esiste la possibilità che prodotti meno qualitativi dei nostri, provenienti dall’est Europa o dalla Cina, finiscano sul mercato creando danni a tutto il sistema. Le antiche tartufaie dove si coltiva il nero si stanno esaurendo, bisognerebbe crearne di nuove. Nel 2005 il Comune di Amandola realizzò un censimento delle aree desinate a tartufaie e aree che potevano essere attrezzate a tale scopo, sarebbe il caso di riprendere il mano quel progetto, magari con il sostegno della Regione Marche, questo ci consentirebbe di salvare un prodotto di alta qualità e l’indotto economico per il territorio".
Alessio Carassai