Fano, 9 settembre 2016 - Finisce male in tutti i sensi la tormentata e lunga vicenda delle Terme di Carignano. Non solo perché tutto il complesso viene messo all’asta, ma anche perché il mobiliere pesarese Antonio Berloni ha dato mandato all’avvocato fanese Antonella Storoni di depositare il tribunale una richiesta di danni per venti milioni di euro. Contro chi? Contro il Comune. «Può essere che diano ragione all’amministrazione, ma mi pare difficile», dice un professionista dell’industriale. La decisione di dare tutto in mano ad un legale è di un mese fa. La pratica verrà depositata in tribunale, a Pesaro, fra pochi giorni. Un gran finale, con i fuochi d’artificio perché questo tribolato comparto è stato messo all’asta: tre blocchi, il primo con i terreni non edificabili, il secondo con quelli edificabili e quindi tutta la palazzina termale vera e propria. Il tutto per circa 2 milioni di euro, ammesso, visto i tempi che corrono, che qualcuno compri.
La storia è secca: la famiglia Berloni acquista l’area termale una ventina di anni fa, prima ancora che scoppiasse il boom di queste strutture. Quindi tutto con netto anticipo rispetto ai tempi, tanto che all’inizio entrò a far parte della compagine azionaria anche Pippo Baudo, anche se con una quota minima. Nel frattempo una processione continua in Comune per vedere di rendere appetibile qualsiasi investimento: punto cruciale, un aumento delle cubature. Una storia non da poco, tanto che un progetto è stato fatto anche dall’architetto Cervellati, un’archistar ante litteram. Un viaggio senza conclusioni che è passato attraverso tre amministrazioni: quella di Cesare Carnaroli, quella di Stefano Aguzzi e infine a quella di Massimo Seri perché «l’ultima riunione in Comune risale ad un anno fa ed erano presenti oltre i tecnici e i professionisti anche lo stesso Antonio Berloni. Abbiamo chiesto almeno una risposta alle nostre richieste. Nulla...».
I passaggi delle Terme sono pochi: tutta la struttura di Carignano faceva capo alla holding Berloni, e quindi ai due fratelli Marcello e Antonio. Con la divisione dei beni all’interno della famiglia di mobilieri pesaresi, le quote dell’area (il 72%) sono passate tutte a capo di Antonio titolare del gruppo IndelB che fattura 150 milioni di euro. Il restante era in mano all’impresa di costruzioni Italino Mulazzani che è poi fallita. Antonio Berloni alla fine ha smesso di aprire il portafoglio per cui alcuni debitori hanno presentato richiesta di fallimento. Ora tutto è stato messo all’asta dal tribunale di Pesaro. La seconda parte della storia è del mese scorso quando Antonio Berloni ha dato mandato all’avvocato Antonella Storoni di presentare il conto al Comune di Fano per un danno che è stato stimato in venti milioni di euro e «quando si entra dentro un tribunale, nessuno sa come finisce».