Chiesti 6 anni di reclusione e 20mila euro di multa per "lo zio" e 1 anno e 8 mesi di reclusione oltre a 5mila euro per "il nipote", difesi dagli avvocati Marco Vitali e Leonardo Bruschetti. E’ la richiesta avanzata ieri dal sostituto procuratore Silvia Cecchi nel processo per sfruttamento della manodopera e riduzione in schiavitù a carico di due cittadini egiziani di 46 e 30 anni. Nel 2021 erano finiti in manette da parte dei carabinieri con l’accusa di gestire una rete di 28 immigrati egiziani, obbligati a lavorare nell’autolavaggio "I Faraoni" di Bellocchi per 74 ore alla settimana per 227,5 euro di stipendio mensile. Il pubblico ministero ha indicato anche un’evasione contributiva di oltre 290mila euro che potrebbe essere oggetto di confisca nei confronti dei due imputati.
Secondo l’accusa, approfittando dello stato di bisogno, veniva garantita ai lavoratori una sistemazione alloggiativa misera e degradante sotto la minaccia di vedersi dimezzato o addirittura tolto lo stipendio oppure di non avere più un posto dove dormire. In alcuni casi sono volate anche di minacce di morte se il ritmo di lavoro non veniva ritenuto adeguato. Per due imputati era già stato definito un patteggiamento a 3 anni di reclusione e 10mila euro di multa per uno di loro e un anno e dieci mesi di reclusione per l’altro. Nel processo si sono costituite anche due parti civili, rappresentate dagli avvocati Isabella Pasqualini e Angela Cecini. Secondo quanto emerso dall’indagine il capo dell’autolavaggio "I Faraoni" aveva fissato tariffe molto basse, ben al di sotto della media, senza pagare 150mila euro di contributi, impiegando "in nero" molti lavoratori, due dei quali sprovvisti di permesso di soggiorno. La media della clientela era di 150 auto al giorno. L’udienza è stata rinviata al 22 novembre per la discussione delle difese e la sentenza.
a.m.