Il grano è la principale coltivazione dei nostri agricoltori ed è il prodotto che permette alle aziende di sopravvivere in un momento in cui il settore tra attraversando nuove difficoltà determinate dalla furia degli agenti atmosferici. Basti considerare – come rileva la Coldiretti – che nelle Marche la produzione di grano duro è tra le più rilevanti, posizionando la regione al quarto posto in Italia con una produzione di circa 3 milioni di quintali nel 2024, subito dopo Puglia, Sicilia, ed Emilia Romagna.
La provincia di Pesaro e Urbino, che conta secondo l’Istat 18mila ettari coltivati a grano duro (molti dei quali nel comprensorio fanese), arriva ad una produzione di oltre 1 milione di quintali. "Rispetto al 2023 – dicono alla Coldiretti - è andata meglio facendo registrare un +27%, ma va ricordato che lo scorso anno l’alluvione di maggio in Emilia Romagna aveva fatto danni anche da noi. Diciamo che quest’anno si è tornati sui livelli standard".
Ed è qui che nascono i problemi, specie per le aziende più grosse che hanno dipendenti e decine di ettari di terreno. "La raccolta del grano - dice Denis Bernabucci direttore di Confagricoltura di Pesaro e Urbino, che ha la sua sede in città – è andata bene, ma i prezzi di mercato non riescono a compensare i costi. Tenendo conto poi che i premi della UE sono stati dimezzati".
Se dunque il grano locale e i grani antichi, come la Saragolla e la Jervicella, rafforzano non solo il valore della pasta marchigiana come prodotto di qualità e patrimonio della biodiversità agricola, ma contribuiscono all’approvvigionamento nazionale per una sempre maggiore produzione e diffusione di pasta prodotta con grano 100% italiano, dall’altro c’è da considerare il ripetersi di situazioni di emergenza con una periodicità sempre più ravvicinata che rischiano, da un momento all’altro, di mettere l’agricoltura in ginocchio. In particolare il riferimento è al clima e alle condizioni meteo estreme che provocano danni incalcolabili non solo alle coltivazioni, ma agli stessi terreni.
"Con una pioggia come quella che abbiamo avuto in quest’ultimo mese di ottobre – aggiunge Denis Bernabucci – anche i canali di scolo nei campi non riescono a contenere tutta l’acqua che è caduta: allagamenti, straripamenti e frane sulle strade sono le conseguenze". Per questo l’agricoltura ha bisogno di una grande piano strategico che salvaguardi i suoli e le coltivazioni, che regimi le acque, che produca non solo reddito ma anche profitto. "I nostri politici devono capire che la battaglia per la difesa dell’agricoltura italiana si fa a Bruxelles e solo lì. Al di fuori di quel contesto sono solo chiacchiere".
Silvano Clappis