REDAZIONE FANO

Fano Cinefortunae 2024. Giordana, un regista “per caso“

Questa sera in piazza XX Settembre si premia lo scrittore e sceneggiatore. "Da ragazzo volevo fare il pittore"

Marco Tullio Giordana, classe 1950, sarà oggi a Fano per Cinefortunae

Marco Tullio Giordana, classe 1950, sarà oggi a Fano per Cinefortunae

"Per la potenza del suo sguardo capace di squarciare con lucida rabbia, forza narrativa e rara maestrìa il velo delle ipocrisie ancestrali, sociali e culturali del nostro paese, e per la capacità di raccontare il mondo delle giovani generazioni e il loro anelito di giustizia e legalità", questa la motivazione con cui l’associazione La Locura questa sera (ore 21,15, piazza XX Settembre) conferirà il Premio Cinefortunae al regista Marco Tullio Giordana, nell’appuntamento conclusivo della kermesse che ha celebrato i 100 anni di Marlon Brando e Marcello Mastroianni.

Poi, sul maxischermo della piazza, verrà proiettato uno dei capolavori del regista e sceneggiatore milanese, quello che racconta la storia di Peppino Impastato, il pluripremiato “I cento passi“.

Peppino Impastato, Pasolini, Calabersi, Valenti, Pinelli e Yara Gambirasio… lei racconta sempre storie di personaggi controversi su cui non c’è un giudizio univoco. Come mai?

"Non sono mai stato portato a credere alle verità ufficiali – dice Giordana –, al “è così“. Per una specie di istinto di sopravvivenza contro la manipolazione. Fin da bambino mi rendevo conto di quanto mentivano i grandi, di quanto non mi dicessero le cose come stavano perché ero bambino. E così, volendo andare a fondo delle verità ufficiali, ho raccontato le storie della seconda metà del Novecento che mi hanno intrigato, storie di individui che sono sfiorati dalla grande Storia e non volendo ci finiscono dentro".

Quando ha deciso di intraprendere questa professione?

"Mi è sempre piaciuto tanto il cinema. Sono stato uno spettatore che andava a vedere anche tre o quattro film al giorno. Però da ragazzo volevo fare il pittore. Avevo infatti un grande talento per il disegno e fui molto incoraggiato in famiglia fin da piccolo. Mi chiamavano “il pittore“ e io mi ero anche un po’ convinto. Così nel 1972 andai a Parigi a vedere la mostra del pittore irlandese Francis Bacon, che amavo sopra tutti. Vedendo quelle opere nelle dimensioni reali mi sono convinto che non avrei mai potuto sfiorare quella grandezza. Sono uscito dal Grand Palais cercando un ponte dalla Senna da cui buttarmi. A 20 anni, si è molto romantici e disperati facilmente. Cercando questo ponte, non trovavo mai quello buono, arrivai in un posto dove vidi che c’era una troupe che stava girando un film. C’era Marlon Brando con un cappotto cammello. Era Bernardo Bertolucci che stava girando una scena di “Ultimo tango a Parigi“. Sono rimasto lì tutto il giorno a spiarli e mi sono detto: “guarda che bello il cinema, con tutta la gente insieme se uno ha un momento di defaillance lo soccorrono“. Mentre il pittore è solo. Un incontro folgorante. Ma non ho deciso lì. Lì ho visto che valeva la pena vivere".

Il film che non smetterebbe mai di guardare?

"Sicuramente non uno dei miei perché mi sembrano tutti sbagliati, pieni di difetti. Tra i miei prediletti ci sono “Scarpette rosse“ di Michael Powell e Emeric Pressburger che ho visto 2 milioni di volte, “Roma“ di Fellini anche se penso di essere lontanissimo dalla sue poetica e un altro che trovo stupendo e mi commuovo sempre guardandolo è “Le parapluies de Cherbourg“ di Jacques Demy anche se io non saprei fare musical".

Lei si ispira a qualcuno?

"Non lo so. Inconsciamente senz’altro, a tantissimi, a tutti quelli che ho visto e incamerato. Perché per ammirarne ne ammiro tantissimi. Ma principalmente mi ispirano molto la musica la letteratura e la poesia".

Tiziana Petrelli