Fano, 1 febbraio 2020 - "Arti, mani, piedi, collo, volto, compreso il naso, rivelano che il Beato Antonio, morto presumibilmente tra i 40 e i 50 anni di età, ha vissuto una vita non disagiata e ha avuto una corretta alimentazione". E’ quanto ha rivelato ieri, in una conferenza stampa in Comune (c’erano il sindaco Seri, il vice sindaco Fanesi, il dirigente Giangolini, la comandante della Polizia locale Montagna), l’archeologa Maria Raffaella Ciuccarelli sui resti mortali del Beato Antonio ritrovato il 12 settembre 2019, all’interno di una bara di zinco, in una intercapedine nella parete di confine tra la chiesa di Santa Maria Nuova e l’adiacente convento dei Frati Minori.
Sono queste le prime valutazioni scientifiche sui resti mortali del Beato Antonio vissuto a metà del XV secolo (come data di morte è indicato il 1435) e posto sotto sequestro dalla magistratura di Pesaro, subito dopo il suo ritrovamento. La bara, all’esterno in zinco, all’interno in legno, è stata aperta, su autorizzazione del Procuratore Maria Letizia Fucci, il 4 dicembre 2019, dopo il suo trasferimento nella camera mortuaria del cimitero dell’Ulivo. "La mummia -ha precisato l’archeologa Ciuccarelli - è in buono stato di conservazione anche se non sappiamo se tale condizione sia stata indotta artificialmente o se sia riconducibile a cause naturali". Il Beato godeva di un buon stato di salute "ad eccezione -ha sottolineato Ciuccarelli -di una artrosi alla colonna vertebrale e di una saldatura all’anca".
Braccia e piedi hanno raccontato agli esperti che l’uomo, in vita, non aveva sopportato lavori pesanti e questo sarebbe compatibile con le notizie storiche che individuano nel Beato Antonio il confessore di Alfonso d’Aragona. "La pelle è integra in tutto il corpo- ha confermato Ferdinando Campana, padre superiore dei Frati Minori - ad eccezione del torace. Posso dire che rispetto alle spoglie del Beato Sante e a quelle di San Giacomo della Marca, quelle del Beato Antonio sono molto ben conservate, ma non è un segno di santità perché tale tipo di conservazione capita anche nelle normali sepolture".
Risale, invece, agli anni ‘50 il saio con il quale, i frati di allora, coprirono il corpo del Beato in occasione del suo spostamento da dietro l’altare di Sant’Antonio alla nicchia dove è rimasto per quasi settant’anni. Frate Antonio da Fano, beato per devozione popolare, ma non per la chiesa ufficiale "perché – chiarisce padre Campana - non è mai stato avviato alcun processo di canonizzazione, né c’è alcuna dichiarazione pontificia in tal senso", è già stato trasferito, a Fabriano, nel convento di Valleremita dei Frati Minori di San Giacomo della Marca. Li rimarrà fino al termine dei lavori in corso nel convento di via da Serravalle, ceduto dai Frati Minori ad una impresa edile locale che sta realizzando appartamenti.
I Frati si sono riservati l’ala dell’immobile (circa 300 mq) che si affaccia su via de Tonsis e quando sarà pronta (tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo ndr) il Beato sarà riportato a Fano. Non potrà essere collocato all’inte rno di Santa Maria Nuova in quanto la Chiesa "vieta l’esposizione di persone che non siano dichiarate venerabili". Beato Antonio tornerà, quindi, nell’intercapedine in cui è stato rinvenuto. A ricordarlo, però, sarà posta una lapide di marmo dal lato della chiesa. In attesa del suo rientro a Fano c’è tutto il tempo per approfondire le ricerche storiche sul Beato (se ne sta occupando padre Giancarlo Mandolini attuale custode di Santa Maria Nuova) e di effettuare ulteriori indagini sul suo corpo (radiografie, tac, esami sugli isotopi e indagini paleo-patologiche) che i frati vorrebbero affidare all’Università di Pisa.