Fano, 7 marzo 2024 – Si chiamava Pietro Vannucci detto il Perugino . Ma quando nel 1488 firmò il contratto per una grande pala d’altare a Fano venne qualificato come ‘Primus pictor in orbe’ , ovvero primo pittore al mondo. Del resto era reduce dagli affreschi nella Cappella Sistina; in quel momento era il più cercato – e pagato – d’Italia. Lo si può ben capire visitando la mostra in corso al Palazzo Malatestiano, aperta fino al 7 aprile e dedicata alla Pala di Durante, dal nome del committente.
"L’esposizione è pensata – spiega Anna Maria Ambrosini Massari, curatrice assieme a Emanuela Daffra – per riabbracciare il dipinto appena tornato da un restauro di due anni svolto a Firenze, all’Opificio delle Pietre Dure. Il dipinto, o meglio i tre dipinti (la pala vera e propria, la lunetta e la predella), sono corredati da pannelli e schermi con video che raccontano tutto il contesto, i dettagli, il grande restauro e le analisi condotte a Firenze".
La pala ebbe una lunga gestazione, che dal 1488 si concluse solo nel 1497, quando dopo un periodo fuori da Fano, Perugino tornò e, con lui, lavorò anche il giovane Raffaello Sanzio, la cui mano ormai quasi tutti gli studiosi hanno identificato in alcune parti della predella. La tavola principale raffigura una Madonna col Bambino sotto una loggia, circondata da vari santi, legati per lo più alla chiesa francescana per la quale fu realizzata. Nella lunetta, vi è il Cristo in pietà fra la Vergine e san Giovanni, Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea .
"Questi ultimi due – spiega Ambrosini – vennero aggiunti dopo: il restauro ha svelato un paesaggio dietro. Nella predella vi sono le Storie della Vergine : nascita, presentazione al tempio, matrimonio, annunciazione e assunzione". Anche qui la storia è curiosa. Nel contratto non era presente il matrimonio, poi si cambiò, forse in seguito al culto del Sacro anello della Vergine nel duomo di Perugia, cui i francescani erano devoti. Ad ogni modo, il restauro ha messo in luce vari aneddoti che si possono scoprire alla mostra: tra questi, le più mani al lavoro nella predella. Si ha quindi la certezza che, come era prassi per l’epoca, il maestro delegava alla bottega alcuni dettagli. E il quattordicenne Raffaello, il cui padre, Giovanni Santi, conosceva da anni Perugino, potrebbe averci messo mano.
Prosegue Ambrosini: "Non è una novità. Già Roberto Longhi notava nella predella un’attenzione al classico, un’eleganza non peruginesche e analogie con la Madonna di casa Raffaello a Urbino. Del resto Perugino ritrovò Santi all’inizio del cantiere fanese, per il quale quest’ultimo ha realizzato una tavola, quando Raffaello tuttavia aveva solo sei anni. Poi, anni dopo, è possibile che il ragazzino abbia preso parte alle fasi finali del cantiere fanese, mettendo anche mano, perché no, nella predella. Difficilissimo pensare invece a interventi di un quattordicenne sulla tavola centrale o sulla lunetta: Perugino aveva una reputazione da difendere e un contratto da rispettare: le parti principali le faceva lui, perché lui firmava, e non avrebbe permesso ‘intrusioni’ degli allievi. Discorso a parte per la predella, per la quale sono emersi dei disegni attribuiti a Raffaello della scena della Natività che avvalorano con documenti le ipotesi che si possono fare anche osservando criticamente il dipinto o la presenza di colonne, che Perugino non usò mai, al posto dei pilastri".
Insomma, la mostra permette di vedere da vicino tutte e tre le parti di un vero capolavoro del Quattrocento, riportato agli stessi colori di quando fu concepito. Al termine dell’esposizione, la Pala di Durante tornerà nella chiesa fanese in cui è collocata da secoli.