Super manager e amico del cuore. Agostini: "Mi manchi tanto, Marco. Da lassù farai il tifo per il tuo Tour"

Ora è direttore operativo della Uae, squadra di Pogacar. Fu compagno di scuola, di vita e portavoce del Pirata "I tifosi rimpiangono il campione, io l’uomo. Ho la pelle d’oca a pensare ciò che capiterà domani a Cesenatico" .

Super manager e amico del cuore. Agostini: "Mi manchi tanto, Marco. Da lassù farai il tifo per il tuo Tour"

Super manager e amico del cuore. Agostini: "Mi manchi tanto, Marco. Da lassù farai il tifo per il tuo Tour"

Sono cresciuti insieme. Compagni di scuola e anche di bicicletta, quando correvano entrambi alla ’Fausto Coppi’ di Cesenatico. "E quando Marco decise di chiamarmi nel suo staff, come addetto stampa, mi regalò il sogno di lavorare nel mondo del ciclismo". Pochi hanno conosciuto bene il Pirata quanto Andrea Agostini, da anni il direttore operativo della Uae, squadra di Tadej Pogacar.

Per la prima volta nella storia il Tour de France parte dall’Italia. E domani la seconda tappa prenderà il via proprio da Cesenatico. È una vigilia speciale per lei...

"Una vigilia da brividi. Le emozioni che provo in questi giorni sono indescrivibili. Già il fatto di portare il Tour in Italia è qualcosa di fantastico. E pensare poi che domani il gruppo partirà da Cesenatico mi fa venire la pelle d’oca... Prima della partenza io e Tadej doneremo al sindaco Matteo Gozzoli la divisa della nostra squadra, autografata da Tadej: sarà il nostro ’grazie’ a Cesenatico, che è pronta a celebrare l’evento con una grande festa".

Una festa per il Tour e per Pantani: cosa prova quando il pensiero va a Marco?

"Che mi manca tantissimo. Ai tifosi manca il grande campione: ha scritto la storia del ciclismo. Ma a me manca l’amico, l’uomo. Sono certo che, se fosse ancora con noi, Marco si sarebbe divertito da matti: il Tour a Cesenatico, nella sua, nella nostra città. Una favola a cui manca il protagonista principale. Ma Marco da lassù ci guarderà e tiferà".

Se dovesse sceglierne una tra tutte, qual’è stata secondo lei la vittoria più bella di Pantani?

"Quella a Montecampione, al Giro del 1998: una tappa che si rivelò decisiva per il trionfo. Mi ricordo come fosse ieri Marco sul traguardo, con la braccia aperte e il volto trasfigurato dal dolore e dalla gioia".

Sembrava Cristo in croce...

"Vero, ma Marco era così: lui in gara dava tutto. Sapeva soffrire e sopportare la fatica come non ho più visto fare a nessun’altro. In quella tappa si tolse tutto: la bandana, l’orecchino. Gli chiesi all’arrivo: ma come cavolo hai fatto a strapparti anche il piercing? Quante volte abbiamo riso, riparlando di quello che aveva fatto a Montecampione".

Il trionfo al Giro del 1998, seguito pochi mesi dopo da quello al Tour, arrivò dopo una lunga serie di incidenti e un’incredibile dose di sfortuna.

"Sono stato testimone di alcune delle sue più brutte cadute. La prima quando avevamo solo 15 anni: tornavamo a casa da un allenamento, Marco era distratto e si è stampato contro un furgone parcheggiato in strada. Il suo volto era una maschera di sangue. Ho fatto il giro delle case (allora non c’erano telefonini) per chiedere aiuto, e poi sono andato a trovarlo in ospedale. È stata la prima di tante visite in ospedale. Ma lui si è sempre rialzato, anche dopo quel terribile incidente alla Milano-Torino".

Manuel Spadazzi