Rimini, 7 dicembre 2022 - Un cuore e due ruote. È Il cuore della Romagna, che da sempre batte forte, fortissimo per il ciclismo. Una terra che ha dato i natali a tanti campioni. Che da molti anni scommette, con successo, sul cicloturismo. E che ospiterà nel 2024, se tutto va bene, le prime tappe del Tour de France in Italia. Quello che manca alla Romagna, forse, è una ’regia’ unica. Un’organizzazione capace di mettere a sistema tutte le iniziative e le attività legate al ciclismo, e fare della Romagna la Bike Valley d’Italia.
Davide Cassani, che cosa serve per fare questo salto di qualità?
"Voglio partire – premette l’ex ct della nazionale, nonché presidente di Apt (è l’azienda per la promozione turistica dell’Emilia Romagna, ndr) – facendo una riflessione su quanto c’è già, che è tantissimo. La Romagna è già oggi uno dei territori protagonisti del ciclismo in Italia. Abbiamo eventi internazionali come la ’Nove colli’ di Cesenatico, tra le più importanti gran fondo in Europa, e tante altre corse per gli appassionati. Nel 2023 ospiteremo un’altra tappa del Giro (la cronometro da Savignano a Cesena) e nel 2024 dovremmo riuscire a portare qui il Tour de France. E abbiamo hotel e servizi vocati al cicloturismo".
Siamo d’accordo: c’è già tanto. Ma perché non fare quanto già visto con la Motor valley?
"Credo che la chiave di volta sia riavvicinare i giovani al ciclismo e creare infrastrutture adeguate, per loro e per i cicloturisti. La Romagna non parte da zero, e i progetti non mancano. Penso al Bike park di Ravenna, intervento molto ambizioso (i lavori dovrebbero iniziare nel 2023) o al nuovo ciclodromo di Cesenatico. Nel frattempo sono stati realizzati già bellissimi percorsi per ciclisti, e abbiamo inaugurato la Via Romagna».
Però fa strano pensare che la Romagna, la culla di tanti campioni, non abbia ancora il suo Ghisallo...
"Ma il museo della Madonna del Ghisallo è un unicum. Noi abbiamo il museo di Cesenatico dedicato a Marco Pantani, gestito benissimo dalla famiglia e molto visitato. E quello di Ercole Baldini, il ’treno’ di Forlì: è pieno di cimeli. Assolutamente da vedere".
Ma quello di Baldini resta ancora un museo privato, che la famiglia ha aperto al pubblico in occasione dei funerali del campione.
"Credo valga la pena di valorizzarlo e ampliarlo. Non credo invece che alla Romagna serva un altro museo del ciclismo. Piuttosto, facciamo conoscere e scoprire quelli che già abbiamo. E portiamoci anche i giovani".
Quello delle nuove generazioni è il tasto dolente.
"Sì, ma non riguarda solo la Romagna. Che comunque è messa meglio di altri territori. Ricordiamoci di Filippo Baroncini, l’ultimo italiano capace di laurearsi campione mondiale degli under 23, nel 2021. L’Emilia-Romagna è poi l’unica regione in Italia che ha una squadra che porta il suo nome. Squadra che il prossimo anno correrà tra i professionisti (nelle corse Continental) con un team formato da giovani corridori. Chiaro: si può fare sempre di più e meglio, ma serve anche l’aiuto dei privati".
Un appello alle aziende, a investire di più sul ciclismo?
"Lo dicono i fatti. In Italia si investe poco sul ciclismo, e attraversiamo un periodo non facile per l’economia. Ma se vogliamo una crescita del movimento, il protagonismo delle imprese è fondamentale".