Faenza, 15 dicembre 2024 – Presidente Michele de Pascale, è il suo primo giorno alla guida dell’Emilia-Romagna. Ma non è a Bologna.
“No, non è un caso”.
Siamo a Faenza. Qui era tutto fango. Acqua e fango.
“L’alluvione ci ha segnati per sempre. Ho tenuto la delega alla ricostruzione, è un impegno che non tradirò”.
E cosa fa a Faenza?
“Siamo qua per la consegna di mezzi per la Protezione civile”.
Protezione civile che lei vuole riformare.
“E non cambio idea: da una parte ci deve essere la Protezione civile, dall’altra l’agenzia di sicurezza del territorio, quella che gestisce i corsi d’acqua e gli interventi strutturali”.
Questo vuole la sua Regione. Ma si deve confrontare con il Governo.
“Ci siamo”.
Con la Meloni bene, ma non benissimo: l’altro giorno è stata fumata grigia.
“Veniamo al sodo: è stata la prima occasione da maggio 2023 per un dialogo pieno, aperto, vero con la presidente del Consiglio su come sono andate le cose”.
Sono andate decisamente male. I cittadini lo sanno, purtroppo.
“Sul perché ci siano state tante difficoltà diamo due interpretazioni diverse: è comprensibile, è legittimo, non è importante”.
Cos’è importante allora?
“Riuscire a cambiare schema”.
Cioè?
“Dialogare”.
E come? Finora è un muro contro muro.
“Ho detto le cose che per me non funzionano, con onestà. E ho fatto una proposta”.
Ce la racconti.
“Per me, per noi, il presidente della Regione e il commissario devono coincidere. Ma nel Governo serve una figura di riferimento tecnica o politica unica per tutte le attività, in particolare gli aspetti legislativi”.
Esempio?
“Come si tutela un territorio con norme del secolo scorso? Il regio decreto del 1904 rende impossibile intervenire sugli argini di alcuni fiumi, spesso ne ha parlato il sindaco Massimo Isola qui, a Faenza”.
Un regio decreto è l’alibi per rimbalzare responsabilità?
“Per rendere effettiva la ricostruzione serve un’attribuzione di precise competenze. Servono aspetti legislativi, serve un patto forte tra Governo ed Emilia-Romagna”.
Si può fare?
“Ora sta al Governo: spero che non mi dicano di continuare così, come oggi. Io sarei indisponibile. Oppure serve un’altra proposta, io sono un pragmatico”.
Si spieghi meglio.
“Ho fatto una proposta. Ma non pretendo di essere il commissario, perché se Giorgia Meloni non ne fosse convinta non servirebbe a nulla. Non lo pretendo, ma ho il diritto di mettere in sicurezza il territorio e il dovere di produrre un cambiamento. Serve un nuovo schema di gioco: periodicamente, ad esempio, vorrei incontri tra un esponente del Governo con il patto per il lavoro e per il clima per aggiornare sugli avanzamenti”.
Intanto c’è la battaglia per l’autonomia.
“Temo diventi Nord contro Sud. Siamo fortunati di trovarci in Emilia-Romagna, nell’unica regione del Nord più legata al Risorgimento che alla Secessione, una regione senza egoismo. Con l’autonomia differenziata il centrosinistra andrebbe in difficoltà al Nord, il centrodestra al Sud. Il Governo si fermi e ragioniamo su come correggere il titolo quinto”.
Con una riforma costituzionale bipartisan?
“L’ho proposto al ministro Calderoli: bisogna agire su tutte le Regioni, in modo da recuperare anche una visione nazionale e un peso che a volte è stato devoluto. Pensiamo ad esempio ai temi dell’energia oppure del turismo. Viceversa, sul dimensionamento scolastico mi trovo d’accordo con il mio collega del Piemonte Alberto Cirio, quando ha raccontato di tenere aperta con orgoglio la scuola più piccola d’Italia, due allievi a Ceresole Reale: quello è un tema che devono gestire i territori”.
E ora la sanità: come interverrà sui Cau?
“Primo punto: nelle città, serve un raccordo con i pronto soccorso, con l’emergenza. Secondo: dove erano stati chiusi i presidi di primo intervento, i Cau funzionano benissimo, ad esempio a Cervia dove risiedo. Terzo: non devono essere un doppione della medicina generale. Ecco perché i Cau si inseriscono in altre due riforme: quella dell’emergenza urgenza e quella della medicina territoriale”.
Toccherà all’assessore Massimo Fabi.
“Un professionista competente. Uno dei tanti donne e uomini forti e di personalità che ho scelto. Non ho paura di confrontarmi con figure di peso e di rilievo istituzionale”.
Abbiamo parlato più volte di Colla, Priolo, Conti, Mammi. La vera sorpresa è stata Roberta Frisoni al Turismo.
“Roberta è stata co-protagonista di una grande stagione di sviluppo. La sua nomina è un riconoscimento anche per il lavoro dei sindaci Andrea Gnassi e Jamil Sadegholvaad che hanno dato a Rimini un nuovo sguardo internazionale”.
Frisoni si occuperà di concessioni demaniali. Si può esportare un ‘modello Rimini’?
“Il Governo deve correggere i provvedimenti e prevedere indennizzi veri, con bandi aderenti alle esigenze dei territori: la riviera romagnola è diversa dalla Puglia e dalla Calabria, nel rapporto fra servizi e natura. Frisoni avrà anche un’altra delega”.
Quale?
“Alla rigenerazione alberghiera e alle colonie. Un tema decisivo per il futuro della riviera”.
Romagna über alles?
“Non sarà un assessorato al turismo a trazione solo romagnola. Lo dico subito: non a caso fra Natale e Capodanno io e l’assessora Frisoni saremo assieme a Sestola, poi andremo anche al Corno e nelle altre stazioni turistiche emiliane. Ci sarà una grande attenzione per la montagna e per l’appennino”.
C’è una foto che la ritrae, nel giorno della prima giunta, mentre riflette fra gli scranni vuoti. A cosa pensava?
“Sono stato preso anche un po’ in giro in campagna elettorale, ma sono sincero: fin da adolescente avevo un sogno ed era quello di diventare presidente dell’Emilia-Romagna. Non l’avevo ben realizzato fino a quel momento: ho capito questa responsabilità. Poi ho pensato a mio padre, che pure politicamente non la pensava come me, e a mio nonno, che è stato un secondo padre. Ci metterò tutto me stesso”.