Ancona, 27 dicembre 2024 – La carta d’identità dice 91 anni. Ma lo scorrere del tempo non ha affatto scalfito lucidità, coraggio e ricordi. "Non vedo, non scrivo e non leggo più, purtroppo. Quindi ho dettato la mia autobiografia ad una signora di fiducia. L’ho chiamato ‘La rivincita della memoria’".
È la memoria di Fernanda Santorsola, prima donna in Italia a guidare una Squadra mobile della Polizia di Stato, quella di Ancona, città che l’ha accolta e dove vive a tutt’oggi. Una carriera con orgoglio, sacrificio e cuore al servizio del Paese e dei cittadini.
Dottoressa Santorsola, di cosa parla questo libro?
"Ripercorre tutta la mia vita, a partire dalla mia nascita a Bari. Ho vissuto in un periodo strano: la guerra, il dopo guerra e altre vicende tristi. All’epoca imperava l’assurda convinzione che alle donne dovesse essere impedito di partecipare ai concorsi e fare carriera. Quando uscì il bando per arruolarsi in Polizia, io e una mia amica partecipammo. Erano già presenti i ruoli di ispettrice e assistente, ma non ancora di agente. La legge prevedeva una specie di corpo, che però non aveva le gambe. Alla fine degli anni ’50 lo superammo e fui assegnata a Brindisi".
Dove tutto iniziò...
"Ma mi trovai male. E chiesi di risalire la Penisola. Mi mandarono ad Ancona, dove ho sempre lavorato alle dipendenze del questore e della magistratura. Fino a quando, nel 1968, il Ministero non mi inviò a seguire il terremoto del Belice e rimasi l’ per un anno. Poi, nel 1971, il questore mi chiamò e la mia vita cambiò per sempre".
Per quale motivo?
"Era un momento storico difficile. Erano state rapite tre bimbe a Marsala e il magistrato volle un’ispettrice per indagare su quel caso di cronaca. Fu molto complesso. Accettai, nonostante le resistenze di molti, ma essendo abituata a trattare coi bambini mi misi ad ascoltare i primi parenti. Fino a quando non venne fuori uno zio di una di queste tre bambine che il giudice, dopo tanti sforzi, mi fece interrogare: era stato lui ad abusare di loro e a nasconderle. Confessò. La nipote la trovammo senza vita. Le altre due, dopo giorni di ricerche, le ritrovammo ugualmente uccise in un fosso di una campagna sperduta – si ferma e respira, ndr –. In quell’occasione venne anche il generale Dalla Chiesa. Non posso pensare al ritrovamento, ancora mi commuovo".
Il sottotitolo del libro è ‘Quando Eva sfidò Adamo ed entro in Polizia’. Cosa significa?
"Serve a spiegare il riscatto sociale delle donne. Dovetti fare tante lotte per riuscire a realizzarmi in quel lavoro che amavo e sognavo da ragazza".
Non solo. È riuscita anche a trasferire umanità e competenze ai suoi colleghi, che oggi la tributano. È il caso della già dirigente di Polizia e capo della Volanti, Cinzia Nicolini.
"Vi racconto un aneddoto. La dottoressa Nicolini entrò in Polizia quando io ero nella Criminalpol. Spesso la mettevo a protocollare i fascicoli, ai posti di controllo in strada e, una volta, le feci fare per sette volte la stessa comunicazione di notizia di reato. Quell’esperienza le servì a capire che per fare una casa, serviva partire dalle fondamenta. Siamo amiche".
Le operazioni di Ancona?
"Ce ne sono molte. Ma citerei questa: 24 marzo 1982. Un giovane si asserragliò alla Banca nazionale del lavoro di via Marconi e tenne in ostaggio 11 persone. Ci vollero 13 ore di mediazione e trattativa per liberarli e arrestarlo. Non ci fu neppure un ferito. A quel tempo non era solito parlamentare con il malvivente. Oggi, invece, è nell’uso comune".