GIACOMO GIAMPIERI
Cronaca

Fernanda, la super-poliziotta: “Io, prima capa della Mobile. Ho dato riscatto sociale alle donne”

Santorsola ora ha 91 anni e vive ad Ancona, dove fu mandata quasi 70 anni fa per lo storico incarico. Ha pubblicato un libro di memorie nel quale ricorda anche le difficoltà di partecipare ai concorsi

Santorsola ora ha 91 anni e vive ad Ancona, dove fu mandata quasi 70 anni fa per lo storico incarico. Ha pubblicato un libro di memorie nel quale ricorda anche le difficoltà di partecipare ai concorsi

Santorsola ora ha 91 anni e vive ad Ancona, dove fu mandata quasi 70 anni fa per lo storico incarico. Ha pubblicato un libro di memorie nel quale ricorda anche le difficoltà di partecipare ai concorsi

Ancona, 27 dicembre 2024 – La carta d’identità dice 91 anni. Ma lo scorrere del tempo non ha affatto scalfito lucidità, coraggio e ricordi. "Non vedo, non scrivo e non leggo più, purtroppo. Quindi ho dettato la mia autobiografia ad una signora di fiducia. L’ho chiamato ‘La rivincita della memoria’".

È la memoria di Fernanda Santorsola, prima donna in Italia a guidare una Squadra mobile della Polizia di Stato, quella di Ancona, città che l’ha accolta e dove vive a tutt’oggi. Una carriera con orgoglio, sacrificio e cuore al servizio del Paese e dei cittadini.

Dottoressa Santorsola, di cosa parla questo libro?

"Ripercorre tutta la mia vita, a partire dalla mia nascita a Bari. Ho vissuto in un periodo strano: la guerra, il dopo guerra e altre vicende tristi. All’epoca imperava l’assurda convinzione che alle donne dovesse essere impedito di partecipare ai concorsi e fare carriera. Quando uscì il bando per arruolarsi in Polizia, io e una mia amica partecipammo. Erano già presenti i ruoli di ispettrice e assistente, ma non ancora di agente. La legge prevedeva una specie di corpo, che però non aveva le gambe. Alla fine degli anni ’50 lo superammo e fui assegnata a Brindisi".

Dove tutto iniziò...

"Ma mi trovai male. E chiesi di risalire la Penisola. Mi mandarono ad Ancona, dove ho sempre lavorato alle dipendenze del questore e della magistratura. Fino a quando, nel 1968, il Ministero non mi inviò a seguire il terremoto del Belice e rimasi l’ per un anno. Poi, nel 1971, il questore mi chiamò e la mia vita cambiò per sempre".

Per quale motivo?

"Era un momento storico difficile. Erano state rapite tre bimbe a Marsala e il magistrato volle un’ispettrice per indagare su quel caso di cronaca. Fu molto complesso. Accettai, nonostante le resistenze di molti, ma essendo abituata a trattare coi bambini mi misi ad ascoltare i primi parenti. Fino a quando non venne fuori uno zio di una di queste tre bambine che il giudice, dopo tanti sforzi, mi fece interrogare: era stato lui ad abusare di loro e a nasconderle. Confessò. La nipote la trovammo senza vita. Le altre due, dopo giorni di ricerche, le ritrovammo ugualmente uccise in un fosso di una campagna sperduta – si ferma e respira, ndr –. In quell’occasione venne anche il generale Dalla Chiesa. Non posso pensare al ritrovamento, ancora mi commuovo".

Il sottotitolo del libro è ‘Quando Eva sfidò Adamo ed entro in Polizia’. Cosa significa?

"Serve a spiegare il riscatto sociale delle donne. Dovetti fare tante lotte per riuscire a realizzarmi in quel lavoro che amavo e sognavo da ragazza".

Non solo. È riuscita anche a trasferire umanità e competenze ai suoi colleghi, che oggi la tributano. È il caso della già dirigente di Polizia e capo della Volanti, Cinzia Nicolini.

"Vi racconto un aneddoto. La dottoressa Nicolini entrò in Polizia quando io ero nella Criminalpol. Spesso la mettevo a protocollare i fascicoli, ai posti di controllo in strada e, una volta, le feci fare per sette volte la stessa comunicazione di notizia di reato. Quell’esperienza le servì a capire che per fare una casa, serviva partire dalle fondamenta. Siamo amiche".

Le operazioni di Ancona?

"Ce ne sono molte. Ma citerei questa: 24 marzo 1982. Un giovane si asserragliò alla Banca nazionale del lavoro di via Marconi e tenne in ostaggio 11 persone. Ci vollero 13 ore di mediazione e trattativa per liberarli e arrestarlo. Non ci fu neppure un ferito. A quel tempo non era solito parlamentare con il malvivente. Oggi, invece, è nell’uso comune".