GIOVANNI DI CAPRIO
Emilia Romagna

Emilia-Romagna, sos povertà: "Non è vero che va tutto bene"

Rapporto dell’osservatorio regionale Ires-Cgil. Il 42% dei dipendenti guadagna 1.200 euro al mese

"L’Emilia-Romagna non è una regione di poveri ma è un territorio dove si sta allargando sempre di più la fascia di famiglie con un reddito poco al di sopra della soglia della povertà". Con questa frase, Massimo Bussandri, segretario regionale Cgil, riassume l’analisi dell’Osservatorio Ires Emilia-Romagna su benessere, redditi, spesa, diseguaglianze e retribuzioni dei lavoratori dipendenti dei settori privati non agricoli. "L’emergenza ci è entrata in casa", dice Bussandri. Infatti, il 42% dei dipendenti non arriva a 20mila euro lordi l’anno, circa 1.200 euro al mese; e il 38% degli operai non supera i 15mila euro lordi l’anno, dunque sotto la soglia dei mille euro netti al mese. Di conseguenza, "va superata la narrazione regionale del ‘va tutto bene’ e il Patto per il lavoro e per il clima ha bisogno di una revisione", dice Bussandri. Perché, entrando nel dettaglio della ricerca, il 6,8% delle famiglie residenti sul territorio vive in condizioni di povertà relativa, dato per la prima volta superiore al Nord-Est (5,8%) ma al di sotto della media nazionale (10,6%). Un numero in peggioramento anche rispetto agli anni precedenti: nel 2022 il 5,2%; e nel 2019 il 3,2%.

Spostandoci sul ramo delle pensioni, in regione sono quasi due milioni gli euro erogati, circa 16mila euro l’importo medio e sono 40,4 i pensionati ogni 100 persone. Ires ha precisato anche il numero dei consumi delle famiglie nel 2022: "La spesa media mensile è pari a circa 2.900 euro (+9% rispetto al 2021), oltre 270 euro sopra la media nazionale", sottolinea Giuliano Guietti presidente Ires-Cgil Emilia-Romagna. Da notare anche il numero della spesa più consistente sostenuta dai nuclei familiari: in Emilia-Romagna il 5% delle famiglie spende oltre il 40% del reddito netto per l’abitazione. E sebbene la regione sia seconda in Italia – dietro la Lombardia - per retribuzione media annua lorda (quasi 26mila euro lordi all’anno), i prezzi al consumo nel 2023 (+14%) sono cresciuti molto più delle retribuzioni (+6,9%) e il 50,1% dei dipendenti lavora tutto l’anno a tempo pieno con 52 settimane di contributi. Un altro elemento che stona, riguarda il gap salariale. Infatti, le donne guadagnano in media il 68,4% in meno rispetto ai maschi e il 43,1% degli extracomunitari non raggiunge i 15mila euro lordi annui. Mentre un dirigente guadagna 5,5 volte in più rispetto a un operaio.

Se è vero che "l’Emilia-Romagna è una terra di manifattura" - settore dove le retribuzioni sono più alte, quasi 35mila euro lordi annui - , tuttavia, le paghe più basse si registrano nei servizi di alloggio e ristorazione (10.350 euro lordi annui), in poche parole, la fetta legata al turismo, dove "vi è una maggiore presenza di stagionali e di lavoro grigio o nero", chiude Guietti. Dall’analisi dell’andamento delle retribuzioni, emerge anche la disparità territoriale, che l’asse delle province ‘forti’ (Parma, Modena, Bologna e Reggio Emilia) superare di gran lunga le province della riviera, in particolare Rimini.