CRISTINA DEGLIESPOSTI
Cronaca

Tre suicidi in cella in 20 giorni: “Il sovraffollamento mina la macchina della prevenzione”

Cavalieri, Garante dei detenuti: "Monitoraggi più complessi con il doppio delle presenze". Nel mirino i trasferimenti di reclusi da fuori regione: scelta dettata dai servizi offerti

Tre suicidi in cella in 20 giorni: “Il sovraffollamento mina la macchina della prevenzione”

Tre suicidi in cella in 20 giorni: “Il sovraffollamento mina la macchina della prevenzione”

Bologna, 9 gennaio 2025 – Tre suicidi nel giro di venti giorni nel carcere di Modena. L’ultimo martedì: Andrea Paltrinieri, 50enne uxoricida reo confesso, era in attesa di giudizio (le indagini non sono ancora chiuse) quando si è tolto la vita con il fornelletto a gas acquistabile dai detenuti nel circuito interno del penitenziario, lasciando orfani i due figli minori. A dicembre sono stati cinque i detenuti morti nelle carceri dell’Emilia-Romagna e, proprio nelle scorse ore, la giunta de Pascale ha stanziato oltre 18 milioni di euro per il potenziamento dell’assistenza sanitaria e psichiatrica dei detenuti.

Come funziona la prevenzione dei suicidi in carcere? "Ogni persona in ingresso (sia per detenzione preventiva, che per espiazione pena, ndr) viene valutata preliminarmente da un’équipe, formata da personale sanitario e dalla direzione dell’istituto, che stabilisce se sia a rischio suicidiario o meno – spiega Roberto Cavalieri, Garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna –. Poi si eseguono monitoraggi periodici, ma ci sono episodi spia che possono comportare una rivalutazione, come gesti autolesionistici o frasi afflittive pronunciate con psicologi o volontari".

Paltrinieri com’era classificato?

"Non a rischio suicidiario. Il suo è un caso ’silente’. L’ho conosciuto la vigilia di Natale, un uomo dimesso con una visione della vita molto complicata. Lui, già ingegnere, mi ha raccontato di essersi iscritto a Biologia con il percorso Unimore attivo all’interno del carcere, ma palesava incapacità di vedere un futuro, forse anche per la pena lunga che sapeva lo avrebbe atteso ed era preoccupato per una visita medica per cui era in attesa già prima dell’incarcerazione".

Tre suicidi in cella in 20 giorni: "Il sovraffollamento mina la macchina della prevenzione"
Andrea Paltrinieri si è ucciso col gas in cella: era in attesa di giudizio

Si è ucciso con un fornello a gas da campeggio: è permesso possederlo in carcere?

"Sì, come una lista di altri beni può essere acquistato dai detenuti. Il primo metodo di suicidio nelle carceri italiane resta l’impiccagione, ma per chi non è in una cella singola è praticamente impossibile: i compagni di solito danno l’allarme. Il secondo metodo è proprio quello del fornello a gas per cui basta appartarsi nel bagno della cella, ma è anche uno strumento con cui i detenuti con dipendenze cercano lo sballo con lo sniffing. Paltrinieri, però, non aveva dipendenze. Infine, ma è più raro, l’abuso di psicofarmaci: c’è chi se li fa prescrivere e li accumula prendendoli tutti insieme, e chi li ’acquista’ da altri detenuti".

Se così diffuso come metodo di suicidio perché non vietare quei fornelletti?

"Farsi un caffè, cuocersi del cibo acquistato coi propri soldi da condividere con qualcuno è un modo per rendere più normale un’abitazione coatta. Virare sui fornelli elettrici non è possibile: gli impianti non sono dimensionati per reggere quei sovraccarichi e ci sarebbe un problema di contabilizzazione dell’energia elettrica in carceri sovraffollate come le nostre. I suicidi si combattono con la prevenzione".

Cosa intende, visto che ha detto che i monitoraggi ci sono? Colpa del sovraffollamento?

"I detenuti non si suicidano per il sovraffollamento: si suicidano per un complesso di motivi come le persone fuori dal carcere. Ma il sovraffollamento entra in gioco nel momento in cui la rete del monitoraggio si trova a dover gestire il doppio dei detenuti per il quale è stato pensato".

Qual è la parte della popolazione carceria pià ’salvabile’?

"Chi non ha dipendenze, chi ha una rete parentale e amicale fuori dal carcere, una casa e un lavoro a cui tornare. Non è facile gestire da soli la solitudine del carcere: ultimamente si è tolto il senso alla detenzione che deve essere costruzione di un percorso, non mera attesa del dopo. In regione ci sono 400 detenuti che hanno meno di 4 anni da scontare ma che non possono accedere a misure alternative perché non hanno una casa o un lavoro. A Parma, poi, su 750 detenuti in 238 hanno dipendenze: di questi, solo 20 hanno avuto accesso alle comunità. Praticamente nulla".

Qual è la situazione che la allarme di più?

"Il sovraffollamento di carceri come Bologna (oltre 850 detenuti) e Parma (750), ma ultimamente sono cresciute molto anche Piacenza e Modena. Quest’ultima è la quarta in Italia per gesti di autolesionismo in cella. Ma attenzione: sull’Emilia-Romagna grava una presenza di detenuti molto forte da fuori regione, per fatti commessi e giudicati altrove. I detenuti crescono non per un aumento di criminalità in regione, ma perché terminale di trasferimenti per i servizi che offre al sistema carcerario".