MONICA RASCHI
Cronaca

Sanità Emilia Romagna, l’assessore Fabi: “Guerra alle liste di attesa. Chiuderemo solo i Cau inutili”

“Per presidiare il territorio faremo aggregazioni di medici di famiglia, pediatri e specialisti. E nelle zone più isolate e di montagna manderemo unità mobili per prestazioni a domicilio”

Bologna, 15 gennaio 2025 – Abbattimento delle liste d’attesa, sicurezza per il personale dei Pronto soccorso, chiusura dei Cau (i Centri di assistenza urgenza) che non funzionano, medici e specialisti che si spostano sul territorio: sono alcuni dei punti della riorganizzazione della sanità emiliano-romagnola illustrati da Massimo Fabi, neo assessore regionale alla Salute.

Massimo Fabi è il nuovo assessore alla Sanità della regione Emilia-Romagna. Fabi è un tecnico: è stato direttore generale dell’Ausl di Parma
Massimo Fabi è il nuovo assessore alla Sanità della regione Emilia-Romagna. Fabi è un tecnico: è stato direttore generale dell’Ausl di Parma

Qual è la prima cosa da fare?

“Il metodo che vogliano adottare è l’ascolto dei territori, a partire dagli operatori, quindi medici ospedalieri e di famiglia e anche sindaci, tenendo sempre presente un concetto fondamentale: la prevenzione e l’educazione a questa, soprattutto nei confronti delle categorie più deboli. È un sistema complesso e di coordinamento che vogliamo sviluppare, ma partendo da ciò che questa regione ha costruito in tutti questi anni”.

Uno dei problemi che maggiormente preoccupa i cittadini sono le liste d’attesa. Che cosa farete?

“È attivo da un anno un piano straordinario di contenimento delle liste di attesa. La situazione era molto critica nel dopo Covid e abbiamo già ottenuto risultati significativi, ma non ancora sufficienti. Quindi è stata attivata una pre-lista attraverso la quale c’è anche una verifica dell’appropriatezza della prescrizione che può liberare posti, appropriatezza che è fondamentale. Ma c’è anche il potenziamento dell’offerta: oltre 152mila prestazioni in più da aprile 2023 fino a oggi. Tutto questo grazie agli operatori del pubblico e anche del privato accreditato”.

Quasi ogni giorno si registrano aggressioni a medici e infermieri. A quali soluzioni pensate per tutelarli?

“Installazione della videosorveglianza anche in accordo con le forze dell’ordine, presìdi di polizia negli ospedali che andremo a ripristinare, pulsanti di chiamata rapida, convenzioni con vigilanza privata e formazione dei nostri professionisti nella gestione della conflittualità, ma anche volontari nei Pronto soccorso che possano accogliere le persone”.

A proposito di ospedali, tanti medici e infermieri se ne vanno. Come si possono trattenere?

“È chiaro che il medico che lascia il servizio pubblico fa notizia ma, mi creda, sono molti di più di quelli che restano o arrivano. Nelle aree più qualificate dei nostri ospedali non stiamo vivendo un periodo di fuga perché il grande chirurgo può essere lusingato dal privato, ma la complessità delle casistiche che vengono affrontate nel pubblico è un elemento di qualità tecnico-professionale al quale difficilmente si rinuncia”.

I Cau sono da riformare. In quale modo?

“I Cau sono una esperienza innovativa quindi vanno valutati dopo un certo periodo. In determinate situazioni, da Parma a Piacenza e in diverse aree del Bolognese hanno funzionato bene contribuendo a diminuire la pressione sui Pronto soccorso generali. Hanno funzionato meno bene dove il coordinamento tra Pronto soccorso e Cau è stata meno efficace. Ci siamo dati tre mesi per valutare l’efficacia dei Cau in essere e c’è l’impegno con i medici di famiglia a non attivarne altri”.

Prevede la chiusura dei Cau collocati all’interno degli ospedali, come chiesto dai medici di medicina generale?

“Valuteremo caso per caso. Applicheremo il contratto nazionale che disciplina il rapporto tra medici di base e servizio sanitario nazionale e faremo le Aft, le Aggregazioni funzionali territoriali all’interno delle Case di comunità, aggregazioni costituite dai medici di famiglia, dai pediatri e dagli specialisti convenzionati interni, che garantiranno la continuità assistenziale e che di fatto sono l’evoluzione dei Cau e dove si creeranno queste aggregazioni non ci sarà più bisogno dei Cau. Nelle zone più interne, isolate e di montagna, invece, dovremo andare noi dai cittadini, anche con le unità mobili che erogheranno prestazioni a domicilio oppure in ambulatori concentrati. Per andare incontro a tutto il problema della cronicità e fragilità”.

Direzione generale dell’assessorato ancora vacante e direttori generali in scadenza il 31 gennaio, come procederete?

“Sono dell’idea che bisogna stringere e chiudere entro la fine del mese”.