Bologna, 28 settembre 2024 – “Una stima dei danni? No, è prematuro”. “Ci stiamo lavorando”. E ancora, “non siamo nemmeno riusciti a finire i sopralluoghi”. Quale sia la portata del disastro causato dall’alluvione della settimana scorsa in Emilia-Romagna è un dato ancora da scrivere: nessuno lo sa, o nessuno vuole esporsi per primo stavolta. Perché se c’è una cosa che i fatti di maggio 2023 hanno lasciato in eredità è il peso dei numeri. Proprio quei numeri che iniziarono ad arrivare così in fretta da trasformarsi altrettanto velocemente in un boomerang, attirando il sospetto di sovrastime.
Poco più di un anno fa, ad appena cinque giorni dalla prima alluvione, per la provincia di Ravenna si parlava già di danni per oltre un miliardo. Poi, con l’andare dei giorni, si aggiunsero quelli degli altri territori colpiti fino arrivare, nei mesi, agli 8,5 miliardi certificati dalla Regione all’Unione europea. Una cifra da scenario post bellico, finita però ormai da tempo stritolata dal braccio politico tra Bologna e Roma e superata per portata solo dai toni della contesa politica.
Oggi, a nove giorni dalle esondazioni e rotte della settimana scorsa, i numeri arrivano col contagocce. Proprio ieri la Regione ha parlato di 24 milioni di euro investiti nel corso della prima settimana di emergenza, per una decina di cantieri in cui stanno lavorando 30 imprese. Sull’Idice, dove l’argine ha rotto a valle del tratto riparato dopo il maggio 2023, la falla è già stata chiusa e la sponda quasi riportata alla quota d’altezza (mancno cinque metri). I tecnici sono al lavoro anche sul Quaderna, come sul torrente Zena (cantiere da oltre 1,2 milioni di euro), mentre a Traversara di Bagnacavallo, l’area più colpita, è in un corso un intervento da 5 milioni di euro.
Le associazioni degli agricoltori stanno ancora censendo gli associati. Se con quelli in pianura, allagati, il conteggio è già finito, per quelli in collina il controllo è ancora in corso: molti non sono nemmeno raggiungibili perché le strade sono franate e i fondi agricoli nemmeno ispezionabili. Poi c’è il tema raccolti: parte era già stato fatto, parte no e la vendemmia era in corso. L’effetto sulle produzioni, quindi, è tutto da calcolare. Stesso discorso vale per il mondo produttivo, tanto che ieri solo la Cna di Ravenna ha indicato come cifra prudenziale danni “non inferiori a 20 milioni di euro” tra le 18 associate in ambito lughese e faentino.
“Eppure l’alluvione del 2023 non ha determinato una maggiore attenzione delle imprese al tema assicurativo”, rileva Daniele Ravaglia, presidente di Ciba Brokers, società di brokeraggio assicurativo del sistema Confcooperative. La società – che ha sette sedi operative tra Emilia-Romagna e Marche e ha amministrato nel 2023 9.800 polizze alle imprese non agricole – l’anno scorso ha liquidato in sei mesi 117 milioni di euro di danni. “In un caso, un’impresa da sola aveva danni per 15 milioni - spiega Ravaglia –: parliamo di realtà che hanno potuto subito ripartire con le produzioni, senza aspettare la trafila dei rimborsi statali, potendo andare dalle banche con crediti assicurativi certi da incassare e garantirsi liquidità immediata”.
Attualmente le imprese assicurate contro calamità naturali sono appena il 5% in Italia, dato che sale al 16% in Emilia-Romagna “che è però la regione idrogeologicamente più a rischio di tutte – sottolinea –. Purtroppo, dall’anno scorso, pochi hanno compreso che l’unica garanzia di sopravvivenza di fronte a eventi calamitosi sempre più frequenti è data dalle polizze. L’intervento statale, infatti, non può che essere a debito in un momento in cui il debito pubblico è già altissimo”. Resta però il nodo costo delle polizze, affatto basso in alcune realtà. “Si tratta di costi deducibili – dice – e che dall’anno prossimo, con l’obbligatorietà, caleranno per effetto della concorrenza”.