Nel 1873, a Parma scoppio un’epidemia di colera e l’amministrazione provinciale decise di trasferire provvisoriamente l’ospedale psichiatrico a Colorno, riadattando, per l’occasione, i locali dell’ex palazzo ducale e dell’ex convento di San Domenico. Gli anni passarono e quella soluzione temporanea divenne definitiva: la parte posteriore della Reggia di Colorno – prestigiosa residenza di campagna dei Farnese, dei Borbone e, infine, della duchessa di Parma Maria Luigia d’Austria – rimase, di fatto, adibita a manicomio della provincia fino alla sua definitiva chiusura, avvenuta a seguito dell’entrata in vigore della Legge Basaglia, alla fine degli anni Settanta.
All’interno dell’ospedale psichiatrico si possono apprezzare alcune opere dello street artist brasiliano Herbert Baglione. Attraverso quelle ombre allungate, l’artista ha voluto, idealmente, liberare le anime dei pazienti dalla prigionia. Il luogo era, in effetti, simile a un carcere, con inferriate a ogni finestra, stanzoni poco riscaldati e affollati di malati che spesso venivano legati, chiusi a chiave e controllati a vista dagli infermieri. Venivano utilizzati con frequenza mezzi di contenzione, camicie di forza, elettroshock; negli sgabuzzini attigui alle camerate c’erano lunghi bastoni che gli infermieri usavano per mandare a letto i degenti. Gli infermieri operavano in una situazione di abbruttimento, educati alla paura e alla violenza; i più erano assunti in virtù della loro forza fisica, non della loro professionalità. Il numero degli infermieri era inoltre molto basso (170 per 1200 malati); di conseguenza, i turni di lavoro erano massacranti. Moltissimi entravano in manicomio da piccoli e vi trascorrevano il resto della loro vita, altri erano alcolizzati, vagabondi, prostitute che non presentavano patologie psichiatriche. Una volta internati, perdevano ogni rapporto col mondo esterno e veniva loro tolta ogni forma di sicurezza quali la famiglia, il lavoro, la libertà; ne seguiva l’acquisizione di un modo d’essere e di comunicare lontano dai canoni culturali del mondo esterno.
Tuttora di proprietà dell’Ausl di Parma, l’edificio è in stato di totale abbandono da svariati anni. Alcune stanze di un’ala sono crollate, ma il resto del complesso non presenta particolari difetti strutturali. Al suo interno si ha la sensazione di essere bloccati in un tempo ‘sospeso’: nelle camere si vedono ancora farmaci, documenti, libri di psichiatria, strumentazione ospedaliera, indumenti, letti.
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