Dopo le molestie sessuali di gruppo nella notte di Capodanno a Milano e dopo i fatti di Bologna e di Roma, con le violenze contro la polizia e i vandalismi contro la sinagoga, è caduto un tabù. I media stanno parlando apertamente delle frange violente delle cosiddette seconde generazioni, ragazzi di solito minorenni, figli di stranieri, spesso italiani di nascita ma non integrati o addirittura emarginati, protagonisti di rapine, violenze di strada, spaccio, bullismo.
Nel caso di Bologna e di Roma, queste frange si sono occasionalmente saldate al variegato mondo antagonista: anarchici, collettivi, centri sociali. Anche di queste organizzazioni autoctone pseudo rivoluzionarie si tende a parlare sottovoce, almeno a sinistra, ostinandosi a non riconoscere che le violenze di piazza, checché se ne dica, provengono sempre da quella parte.
Ma restiamo alle seconde generazioni. Come ha ben scritto Luca Ricolfi, la reticenza a riguardo deriva dall'esigenza di non alimentare nell'opinione pubblica un risentimento verso interi gruppi etnici anziché singoli autori di reati e, sul piano politico, di evitare che lo stesso risentimento porti consensi alla destra. Ma, argomenta ancora Ricolfi, “addomesticare i fatti e oscurare la nazionalità [...] è un segnale di sfiducia nelle capacità di giudizio dei cittadini, trattati come persone incapaci di ragionare, distinguere, capire i nessi tra le cose”. E infatti quello che accade nelle nostre città è sotto gli occhi di tutti. A Modena, in dicembre, più di 500 genitori hanno messo alle strette il sindaco Pd perché i loro figli hanno paura di uscire di casa per andare a scuola, vittime come sono delle baby gang. A Reggio Emilia, nei prossimi giorni un altro sindaco Pd busserà alla porta del governo per chiedere l'intervento dell’esercito nelle zone fuori controllo della città.
A Bologna no. Nel capoluogo di regione, il sindaco continua a parlare di misteriose provocazioni e di forze oscure che soffiano sul fuoco. Si potrebbe argomentare che anche esporre la bandiera palestinese alla finestra del Comune, come ha fatto Lepore, significa accendere gli animi, e infatti quella di Bologna è stata l’unica sinagoga presa di mira. Però è più l'ostinazione a cercare responsabilità fumose che sorprende e preoccupa, perché fingere di non vedere un problema significa rinunciare ad affrontarlo. E sia ben chiaro, la risposta non può essere solo di ordine pubblico, come forse pensa (sbagliando) il Governo. Ma non lo è neppure dare la colpa a inesistenti forze del male che minano la pacifica convivenza. Piuttosto servono servizi, scuole, casa e lavoro davvero alla portata di tutti. E serve zero indulgenza verso la violenza politica dei soliti noti, italiani da generazioni e provocatori (loro sì) di professione, che a Bologna, per colpa di molti, hanno trovato un clima alquanto accogliente.