La Pasqua racconta un periodo di passaggio, inevitabile cambiamento, speranza. E quest’anno la Pasqua porta la rara coincidenza della festa cattolica, di quella ortodossa e anche del termine di quella ebraica (Pesach, che non a caso è il passaggio, la liberazione dalla schiavitù d’Egitto), un segnale inequivocabile che rivolge lo sguardo pure ai disequilibri geopolitici, parlando di un’armonia da ritrovare, un’unità che non sia solo sullo scacchiere militare (ahinoi ancora decisamente lontana), ma possa dare stabilità ai governi e alle economie. Non è un caso, forse, che questo monito/segno avvenga negli stessi giorni in cui molte delle nostre città celebrano l’80esimo anniversario della Liberazione, indicando la strada da perseguire, ovvero la difesa di un patrimonio comune di valori non negoziabili. Ne ha parlato Legacoop in Romagna, il cui compleanno ‘tondo’ cade a sua volta nel 2025, affrontando la spinosa questione dei dazi e delle ricadute sul territorio. Ne ha parlato in settimana anche Ibc, l’associazione delle industrie beni di consumo, che studiando gli equilibri globali ha radiografato numeri e abitudini di piccole e medie imprese. Uno studio di Nomisma dice che in Emilia-Romagna l’export regionale è cresciuto del 54% e gli Usa influiscono per il 10,7% (il ‘peso’ è simile anche nelle Marche), dunque altre regioni risultano più legate al mercato americano. Restano però alti i numeri assoluti: non si può prescindere dal mercato Usa e dalle esportazioni in generale, soprattutto perché i cambiamenti demografici impatteranno sui consumi in maniera decisa, visto che nel 2054 il 33% della popolazione avrà più di 65 anni (ora nel Paese è il 23%). Dunque come si può guardare all’export in un contesto geopolitico instabile e protezionista? Si può attuare un ‘passaggio’ anche nell’economia? Sì, ma solo diversificando. E solo mettendo insieme forze e territori. L’Ue deve imparare a trattare, avere la spinta identitaria finora mancata, un’economia che sia – prima di tutto – sociale e non di proclami slegati dalla realtà.
EditorialeValori comuni nell’anno del ‘passaggio’