C’è un grande spirito dentro il Bologna di oggi. Una corrente magica che scorre nelle vene del gruppo di Italiano. Qualcosa che somiglia molto da vicino all’onda emotiva che un anno fa sospinse i rossoblù verso la storica qualificazione in Champions.
Ma dentro la squadra di oggi c’è uno spirito più operaio, una solidarietà forte e vera che ben interpreta il messaggio di Italiano. Un verbo fatto di umiltà e lavoro, di sacrificio portato all’estremo per trasformare un Bologna nuovo e ristrutturato in una macchina da gioco capace di neutralizzare qualsiasi avversario.
Se il gioco di Thiago aveva momenti di brillantezza e impennate di classe, quello del commissario Italiano somiglia a una schiacciasassi. Il suo Bologna soffoca l’avversario, gli toglie l’aria, mira ad azzerare i rischi (7 partite senza subire gol) attraverso un possesso palla attivo, fatto di aggressioni, ripartenze e cambi di fronte, necessari per aprire varchi nella difesa avversaria. Un gioco certamente dispendioso dal punto di vista fisico, che rende fondamentale il ricorso alle seconde linee, gli uomini della panchina che mai sono contorno, ma attori importanti aggiunti alla recita.
Passo dopo passo, il gruppo si è sintonizzato con il suo allenatore, ha imparato il pregio della verticalità, ha riscoperto il cross e le sue utili magie. Ma soprattutto ha stretto il legame di sangue, ha rinsaldato lo spirito di corpo, fondamentale per le grandi imprese.
L’esultanza del gruppo sotto la curva invasa dal tifo rossoblù nello stadio Olimpico Grande Torino rende l’idea meglio di mille parole: una catena umana con le braccia allacciate, la corsa sotto la curva e poi l’omaggio del pubblico a Dallinga per il primo gol rossoblù, mentre il mattacchione Holm si abbandona a un tip tap davanti al popolo tifoso.
È questo spirito, guerriero e goliardico insieme, questa ritrovata voglia di stupire che può portare il Bologna verso nuovi sogni e traguardi ambiziosi. Sotto il segno di Italiano è rinata la Grande Speranza.