ALESSANDRO CAPORALETTI
Editoriale
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Sos calzature, serve strategia di rilancio

Dall’incertezza legata a guerre e turbolenze internazionali alla domanda debole, interna ed estera, frenata dalla minore propensione agli acquisti dei consumatori, e ancora il generale rallentamento di economie e tradizionali mercati di riferimento. C’è un cocktail quasi perfetto di effetti negativi sulla crisi da allarme rosso che aleggia sul distretto calzaturiero marchigiano, a cavallo tra Fermano e Maceratese, così come su parte della manifattura italiana. Dicesi congiuntura molto sfavorevole, che amplifica fragilità di sistema di vecchia data. Lo certificano nero su bianco i dati di Infocamere-Movimprese relativi ai primi sei mesi dell’anno, piombati (ma attesi) sulla nutrita spedizione marchigiana al Micam di Milano, più di cento aziende. Ebbene, nel primo semestre 2024 l’export marchigiano del settore calzaturiero ha fatto registrare un calo del 7,4% sullo stesso periodo dell’anno scorso (meno 8,5% è il dato nazionale). Le prime cinque destinazioni dell’export regionale, che coprono il 47% del totale, sono state Francia (+22,7%), Germania (-19%), Usa (-12,5%), Cina (-26,3%) e Belgio (+9,3%). La Russia, un tempo riferimento per le calzature di lusso, è scesa al sesto posto tra i mercati di sbocco della regione: dopo il crollo del 2022 a seguito dello scoppio del conflitto e il rimbalzo del 2023, nel primo semestre segna meno 27,3%. Il numero di imprese attive (tra calzaturifici e produttori di parti) è crollato – 104 in meno rispetto a dicembre tra industria e artigianato – accompagnato da un saldo negativo di 1.208 addetti. E intanto esplode la cassa integrazione: se consideriamo le imprese marchigiane della filiera pelle, il balzo è del 212,1%. Tanto per avere qualche riferimento, sono quasi 2,5 milioni di ore, un numero superiore del 107% anche rispetto alla situazione pre-Covid dei primi sei mesi del 2019. Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici, a livello nazionale la spiega così: “A causa della diminuzione delle vendite estere (-8,5%), il saldo commerciale del settore, pur in attivo per 2,34 miliardi, denota un calo del -4,7%, malgrado il ridimensionamento delle importazioni (-11,6%). Nei primi sei mesi gli acquisti delle famiglie italiane sono scesi del -2,1%, sia in volume che in spesa”. Quanto alle previsioni, “tre imprenditori su quattro ritengono che il 2024 per la propria azienda sarà peggiore dell’anno prima”. Ovvio che una situazione del genere non può (né deve) essere affrontata soltanto in chiave locale o regionale, ma nell’ottica di una strategia di tenuta e rilancio che coinvolga anche il governo, oltre alla Regione. Ma intanto servono aiuti immediati per permettere al sistema di reggere l’urto.