MATTEO NACCARI
Editoriale
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Lo smart sciopero

Prima della pandemia a nessuno sarebbe venuto in mente di scioperare per lavorare da casa. Ora, invece, lo smart working è diventato qualcosa da proteggere senza se e senza ma. Di recente, due grandi realtà emiliane sono state teatro di robuste proteste proprio perché i dipendenti si sono visti stravolgere la possibilità di trascorrere alcune giornate di lavoro appunto da un luogo diverso da quello aziendale, ad esempio dalla propria casa. Come durante la pandemia di Covid quando per evitare spostamenti o contatti a milioni è stato chiesto di garantire le proprie attività via internet, da remoto. Gli scioperi per difendere lo smart working sono stati indetti alla Panini di Modena, colosso mondiale delle figurine, dove la proprietà intende ridurre le giornate da 88 a 44, e al Cineca, consorzio universitario che occupa 1100 persone, dove tutta l'organizzazione dovrebbe essere rivista, limitando quindi questa flessibilità. Lo smart working è diventato una consuetudine per milioni di lavoratori. Tanti i pregi, ma anche i rischi. Intanto, questa modalità operativa permette ad esempio di azzerare gli spostamenti dall'abitazione al luogo di lavoro, recuperando così tempo per la propria vita privata. Oltre a garantire risparmi sulle spese di trasporto o per il cibo. Ovvio, tutto è ora possibile grazie alle tecnologie che garantiscono su un pc le stesse condizioni di lavoro che in un ufficio strutturato. Tra i rischi, sicuramente la dematerializzazione dei luoghi fisici di un'azienda e le minori interazioni coi colleghi, confronti che non sono fatti solo di riunioni ma anche di scambi di opinione nei momenti liberi. Certo, ognuno la vede come crede, ma queste proteste e scioperi sono un segnale chiaro di come l'idea di lavoro stia profondamente cambiando. Va gestita. E organizzata. Perché appunto la soluzione finale è il giusto equilibrio: né troppo, né molto.