Le Regionali sono state archiviate e il Pd già si interroga sul suo futuro. I successi in Umbria e, soprattutto, in Emilia-Romagna non sono evidentemente bastati a chetare il dibattito interno. Lo scorso fine settimana Stefano Bonaccini ha riunito la corrente riformista e ha lanciato un messaggio a Elly Schlein: se non cambia legge elettorale, al prossimo giro serviranno le primarie per scegliere i candidati.
Tradotto: vogliamo dire la nostra. Sembra la riproduzione dell'eterno dibattito sugli equilibri interni, e forse lo è davvero. Ma è un dibattito che ha radici profonde. Questo perché il Pd è tuttora un partito irrisolto, un funambolo eternamente in bilico tra riformismo e massimalismo, tra realismo e movimentismo.
Con una semplificazione, si potrebbe dire che la segreteria Schlein ha spostato la barra a sinistra, operazione peraltro riuscita, visto che ha consentito al Pd di risalire la china (e infatti anche i riformisti si sono volentieri accodati). Però non guasterebbe prestare maggiore attenzione alle parole d'ordine. Ad esempio, in campagna elettorale è stato detto che bisognava fermare le camicie nere sguinzagliate dal governo e, subito dopo le elezioni, il più importante sindacato italiano e il Pd con esso hanno riempito le piazze invocando la rivolta sociale. Una escalation cui, sul fronte opposto, hanno fatto eco toni altrettanto sopra le righe (le zecche rosse di Salvini, ad esempio). Propaganda di sinistra contro propaganda di destra.
Dov'è il problema? Il problema è che in piazza non ci vanno soltanto la Cgil e il Pd, che la democrazia la conoscono, la rispettano e la difendono. Ci vanno anche antagonisti di varia natura, che non la conoscono, non la rispettano e non la difendono. Si nutrono, però, dello stesso clima di allarme sociale e addirittura si illudono di trarre da esso legittimazione e consenso. A Bologna come a Torino, abbiamo assistito a scontri, foto bruciate, slogan violenti. Tutto ad opera di estremisti di sinistra. Per questo il messaggio che il Pd manda all'esterno è importante e non deve prestarsi ad ambiguità.