VALERIO BARONCINI
Editoriale

Omicidio Saman, ecco cosa stupisce della sentenza

Il padre pagherà, la madre è ancora latitante. I cugini assolti e scarcerati (per loro erano stati chiesti 30 anni) e allo zio la pena ridotta a 14 anni: per la procura è una vittoria a metà

La storia di Saman è sempre stata una storia di assenza. Il corpo che non c’era, per mesi e mesi di indagini, prova dell’orrore nato in famiglia e di una società non ancora matura, soprattutto se si parla delle sfide dell’integrazione. Storia di nascondimento, di silenzi putrefatti. Poi la madre latitante: ancora latitante oggi dopo una sentenza di ergastolo, una sconfitta per il nostro Paese nonostante la cattura del padre Shabbar, ‘sacrificato’ dal Pakistan. E, ora, la vittoria dimezzata della Procura: due assoluzioni e una condanna decisamente lieve per il reato di cui parliamo.

Le sorprese

Le sentenza non si commentano, ma si possono analizzare. La difesa dello zio, con acume, aveva chiesto il rito abbreviato che dà diritto a uno sconto di un terzo sulla pena. Rito negato per via delle aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili. Ma tutto è decaduto in Corte d’Assise e, dunque, ecco tornare in ballo lo ‘sconto’: dalla sentenza di condanna a 21 anni generata dalla concessione delle attenuanti generiche (lo zio è stato riconosciuto comunque esecutore) si arriva ai 14 anni con lo sconto di un terzo (sette anni). Per i cugini si tratterà di leggere le motivazioni: di sicuro un finale non scontato in un processo che, coinvolgendo giudici popolari, poteva concludersi in tutt’altro modo. E le assoluzioni fanno già discutere la politica.

Gli interrogativi

Cadendo i futili motivi per tutti, qual è dunque il movente di questo omicidio? Non c’entra dunque il ‘fattore culturale’, la chiusura della famiglia, il no al matrimonio combinato da parte della ragazza, la voglia di Saman di rifarsi una vita, la sua occidentalizzazione? Crediamo c’entrino eccome.

La lezione

Quello che resta, davvero, è il volto di Saman. Diventata purtroppo un simbolo, non solo un numero nella conta dei femminicidi, La storia di Saman, ammazzata e sepolta in un casolare reggiano vicino a casa sotto pochi metri di terra, sarà per sempre un monito. Lo sarà e deve esserlo soprattutto per noi che spesso non vediamo o vogliamo vedere la chiusura di alcune comunità, pensando che non ci riguardi. No, Saman ci riguarda eccome, riguarda tutti noi.

L’epilogo

Questa sentenza che tutti appelleranno (lo farà la difesa dello zio, lo faranno – non dubitiamo - anche i magistrati inquirenti) è una mezza vittoriauna mezza sconfitta, lascia aperti interrogativi e ci impone un ulteriore momento di riflessione. Aspettiamo le motivazioni della sentenza, leggiamo il ragionamento dei giudici e usiamo questo momento per fare un ulteriore passo avanti culturale. Non giustizialista, ma critico, in maniera costruttiva.