MATTEO NACCARI
Editoriale
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L’ex isola felice

In Emilia-Romagna è emergenza lavoro: 77 licenziamenti all’ex Tollok (si occupa di lavorazioni metalliche) e 480 esuberi dichiarati alla Berco (produce componenti per le macchine agricole). Entrambe le imprese operano nel Ferrarese, dove sono radicate da decenni. Si vedrà come le istituzioni gestiranno queste ennesime crisi, ma intanto la regione si ritrova alle prese con un’imponente cascata di licenziamenti che avrà una ricaduta nei numeri sicuramente più robusta, considerato che il calo di produzione impatterà inevitabilmente sull’indotto. Il dramma della Tollok e della Berco segue a ruota vertenze durissime, come ad esempio quelle della Magneti Marelli e della Perla, nel Bolognese. Vero, almeno nel primo caso una soluzione dignitosa è stata trovata, però sul tavolo sono comunque rimasti posti di lavoro. Purtroppo l’Emilia-Romagna non è più un’isola felice e anche in questa regione il tessuto imprenditoriale si sta via via indebolendo. Manca una prospettiva seria soprattutto per settori pesanti come quello metalmeccanico. A breve in Regione ci sarà un cambio, dopo l’uscita di Stefano Bonaccini; la campagna elettorale dei due principali candidati al ruolo di governatore, Elena Ugolini e Michele de Pascale, è stata incentrata soprattutto sull’alluvione (era inevitabile) e sulla sanità. Temi fondamentali. L’economia, e il lavoro, purtroppo sono rimasti in secondo piano e invece rischiano di essere una delle principali ‘patate bollenti’ dell’imminente futuro. Il settore dell’automotive è alle prese con una profonda trasformazione verso l’elettrico (se mai arriverà alla fine), il biomedicale sconta la concorrenza di altri distretti internazionali, il turismo si ritrova con dati non sfavillanti, insomma c’è da capire dove si vuole andare. E se si punta ancora sull’industria per così dire pesante che garantisce occupazione (tanta) e un indotto (esteso e radicato). Non si tratta però solo di idee, si tratta soprattutto di azioni, da leggi per attrarre investimenti ad aiuti per i lavoratori di eccellenza disposti a trasferirsi sul territorio, fino alle infrastrutture, fondamentali per lo sviluppo. Un appunto. Non si vuole addossare le colpe a nessuno, però queste chiusure sono un segnale preciso che l’economia si sta trasformando. Tutto questo non va ignorato. O sottovalutato. Ecco perché servono prospettive di lungo periodo. Soprattutto nella testa di chi governerà la Regione.