SERGIO GIOLI
Editoriale
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La vernice verde

E alla fine qualcuno l'ha detto: abbiamo fallito. Dopo quasi due anni di retorica stucchevole da una parte e dall'altra (servono tot milioni, no, ne servono il doppio, il governo non fa nulla, no, è tutta colpa della Regione) il nuovo governatore dell'Emilia-Romagna ha tagliato corto: siamo tutti responsabili. Era il maggio 2023, la Romagna con l'acqua alla gola. L'unità nazionale durò una paio di settimane, poi cominciò lo scaricabarile. Il risultato, oggi, è quello che denuncia con coraggio de Pascale, sconfessando molti della sua stessa parte politica. Due le questioni. La prima: i soldi per la ricostruzione privata il governo li ha dati ma le procedure per averli sono così contorte che pochi li chiedono. La seconda: non si mette in sicurezza il territorio senza grandi opere. La prima questione è sotto gli occhi di tutti, la burocrazia ha ostacolato i rimborsi (la piattaforma per ottenerli si chiama Sfinge, tanto per chiarire subito a chi accede che ottenere risposte non sarà per nulla facile). La seconda è altrettanto ovvia, eppure continua a essere sottaciuta o negata, soprattutto a sinistra, in omaggio alla cultura del non fare che attanaglia da quarant'anni questo Paese. Dice de Pascale: serve uno scatto. Si riferisce a ponti da sollevare, a strade da spostare, a casse di espansione da realizzare, a torrenti da deviare, ad argini e a dighe da costruire. La manutenzione dell'esistente non basta più. Vale per l'emergenza idrogeologica, ma non soltanto per essa. Non è un'emergenza quella dei treni nel caos? E quella delle autostrade insufficienti? E delle tangenziali congestionate? E dei viadotti consumati e traballanti? E delle metropolitane che non ci sono? E dell'energia, che costa molto più di quanto costa nel resto d'Europa? E della siccità estiva che richiederebbe invasi per l'irrigazione? L'Italia cade a pezzi, una mano di vernice verde, ricetta cara agli eco-conservatori, non risolve nulla.