Di Città 30 a Bologna non si parla più perché, com’era prevedibile, a 30 chilometri all'ora non va più nessuno, nemmeno i tassisti e gli autisti dei bus. A essere generosi, il rispetto del divieto è durato tre o quattro settimane. Accade con tutte le leggi irragionevoli: vengono ignorate e finiscono nel limbo. Esiste un solo modo per farle rispettare: un controllo ferreo, da stato di polizia, e non è questo il caso.
Tutt'altro. Anche i posti di blocco dei vigili urbani sono durati poco, e comunque erano posti di blocco simbolici, annunciati con centinaia di metri d'anticipo da segnali lampeggianti. Così a Bologna si va a 30 chilometri orari solo dentro le mura, esattamente come accadeva prima, nel rispetto del codice della strada e senza bisogno di ulteriori iniziative da parte dell'amministrazione. Perché non sempre è necessario obbligare la gente a fare qualcosa, purché si tratti di qualcosa di sensato. Le leggi nazionali ci sono e tutti le conoscono. Non serve, che so, riempire di cartelli la città per dire che non si deve urinare per la strada. Né metterli ai Giardini Margherita per impedire di accendere falò. I bolognesi già lo sanno.
Come sanno che non si può sfrecciare a 50 all'ora nelle viuzze medievali del centro storico. Ma sanno anche che in via Murri, strada larga e diritta, se vai a 30 chilometri all'ora paralizzi inutilmente il traffico e ti tamponano anche i moscerini. Dunque, la fine era nota fin dall'inizio. Vale però la pena domandarsi perché è stato fatto tutto questo. Ebbene, per ideologia. Il sindaco Lepore ha aggiunto una tessera al puzzle che ha sempre voluto comporre, quello della città vetrina, ''la più progressista d'Italia'', come ama ripetere. Sapeva che avrebbe scatenato le ire del ministro Salvini, che infatti ha reagito, ma senza grande convinzione, perché tanto in Italia funziona così: il sindaco fa una cosa, il governo lo sconfessa, il Tar sta con il sindaco, il Consiglio di Stato con il governo, l'Anci appoggia Lepore, i tassisti e i commercianti lo criticano, la sinistra chiama a raccolta i sindaci europei, la destra li mette alla berlina.
Un teatrino infinito. A Napoli gira una leggenda, in realtà un falso storico ma assai divertente: l'ordine “Facite ammuina”, contenuto in un inesistente Regolamento da impiegare a bordo dei legni e dei bastimenti della Marina del Regno, datato 1841. “All'ordine facite ammuina: tutti chilli che stanno a prora vanno a poppa e chilli che stanno a poppa vanno a prora; chilli che stanno a dritta vanno a sinistra e chilli che stanno a sinistra vanno a dritta; tutti chilli che stanno abbascio vanno a ’ncoppa e chilli che stanno ’ncoppa vanno abbascio passando tutti po’ stesso pertuso; chi non tiene niente a ffà, s'aremeni a ’ccà e a ’llà''. Un gran polverone per dare l'impressione di avere compiuto chissà quale mirabolante impresa ma senza in realtà aver cambiato assolutamente nulla.